Frank (Francesco Benincasa) mi accoglie nel suo studio in Via Madonna del Prato 12, in pieno centro ad Arezzo. È uno studio piccolo ma caratteristico, pieno di oggetti particolari provenienti un po’ da tutto il mondo, di disegni e stencil appesi alle pareti. Frank è solo, seduto alla sua scrivania, impegnato a finire un disegno. Lo osservo e intanto mi siedo su una poltroncina di legno che in passato deve aver accolto il pubblico di un cinema o di un teatro. Non gli è andata male a queste sedie, penso, tutto sommato sono passate da un luogo d’arte a un altro, quello che sto guardando è comunque un’altra forma di espressione artistica. “Vieni Ste, sono pronto!”
Abituato ai grandi saloni, pieni di tatuatori all’opera, un posto così piccolo un po’ mi sorprende, allora è la prima cosa che gli chiedo, mentre in sottofondo ci accompagna il penetrante ronzio della macchinetta. “Credo che il tatuatore sia un artigiano, lo studio piccolo è una scelta precisa in questo senso. Volevo uno spazio intimo, dove poter parlare con calma col cliente, confrontarmi con lui e lavorare coi tempi giusti, senza fretta. Poi per me rappresenta una base per viaggiare…”
Frank ha uno spirito itinerante (e un backpack sempre pronto sotto il letto), dopo circa tre anni di lavoro come tatuatore sente la necessità di allargare i propri orizzonti e tenta la sorte… Meta gli Stati Uniti. Fa domanda per partecipare ad una grande Convention a New York, contatta qualche studio e nel giro di poco si ritrova nella Grande Mela. “Ho approfittato della Convention per restare là, così ho lavorato all’Hand of Glory e al Fleur Noir a Brooklyn, dove a fine dicembre tornerò, mentre tempo fa è stato ospite qui da me un tatuatore colombiano. Mi piace questo continuo scambio, ad aprile sarò a una Convention a Singapore, per provare una realtà nuova.” L’idea che piace a Frank è quella di avere uno studio dove poter ospitare altri tatuatori e poi, a sua volta, essere ospitato da loro, creando così un circolo virtuoso di esperienze, collaborazioni e professionalità.
Negli USA il mondo del tatuaggio è visto in modo diverso. “Dove lavoravo io avevano due piani, sotto lo studio, e sopra una cucina e un divano letto, proprio per i tatuatori ospiti. Accettandoti a lavorare, ti accettano anche nel loro mondo, siete già amici e impari molto sia professionalmente che a livello umano. Anche i clienti poi ti vedono molto più come un artista professionista al quale affidarsi, lasciandoti molta libertà.”
Dopo tre ore di paziente e attento lavoro sul mio braccio, Frank mi fa alzare e mi fa vedere il tatuaggio concluso. “Vedi, il tatuaggio è un disegno sulla pelle, è una forma d’espressione molto grezza, nato in un certo modo, ha una sua storia e una sua cultura precisa, non è come dipingere su tela. Secondo me, i lavori perfetti dimostrano che sei molto bravo tecnicamente, ma a volte l’impronta umana visibile da un difetto è più espressiva, meno fredda.”
Instagram: @ frank___tattoo
di STEFANO BENNATI
STEFANO BENNATI
“Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose”. 27 anni, una laurea in lettere e una magistrale in scienze dello spettacolo, con la passione per il cinema e le arti. Nel tempo libero (molto) leggo libri e guardo film, la sera faccio finta di essere un giocatore di pallavolo, di notte guardo libri e leggo film.
Mi piacciono i calzini colorati.