Il cinema ci immerge nella nostra emotività, blandita o scossa dalla sensibilità del regista, dello sceneggiatore, degli attori… Nel turbinio di sequenze e luci della ribalta, però, non ci si sofferma mai su una figura creativa centrale nella realizzazione di un film: il sound designer, vero e proprio responsabile della resa sonora finale. Matteo Bendinelli, aretino purosangue trapiantato a Roma con mani, orecchie e fantasia al comando in sempre più progetti cinematografici italiani, è la nostra occasione per scoprire una professione meravigliosa, raccontata da chi la pratica ai massimi livelli con una passione innata e contagiosa.
“Suoni e rumori hanno da sempre per me un potere evocativo particolare, già dall’infanzia… Uno degli effetti a cui sono più legato è infatti il micro-delay che si sente in Via Pescioni, ad Arezzo, dovuto al rimbalzo tra le pareti: un leggero riverbero che mischiava tacchi, tamburi in lontananza e rondini creando un suono per me bellissimo! Quel suono era ed è, nel profondo del mio inconscio, l’annuncio dell’inizio dell’estate… Gli studi scolastici musicali sono stati il naturale sviluppo di questa mia propensione, che mi ha portato poi fino allo IED di Roma, la scuola che mi ha formato e mi ha permesso l’ingresso nel mondo dei suoni applicati al cinema: questo è oggi il mio lavoro, ma soprattutto la mia più grande passione.”
Una splendida ossessione per le sonorità che lo porta a registrare ovunque armato di microfono ambientale e udito connesso al cuore, in cammino verso un’affermazione che appare oggi come inevitabile compimento: il sound design di Matteo Bendinelli si impone negli anni a Cinecittà, firmando tantissime pellicole tra cui spiccano, volendo citare la più nota e quella di più recente successo, “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino e “I Predatori” di Pietro Castellitto, per cui Matteo è fresco di red carpet veneziano. A coronamento, 2 anni fa, anche il ritorno allo IED come docente di suono nel corso di video design.
“Un riconoscimento ed onore indescrivibile… Ma non perderò mai una consapevolezza: c’è sempre qualcosa che potrò migliorare, mai adagiarsi! Gli stessi suoni vanno sempre rincorsi, sono in continuo mutamento a seconda di luogo, temperatura, periodo…
Basti pensare al tristemente attuale lockdown: per me è stata un’occasione per sentire e registrare Roma come non l’avevo mai sentita, forse per la prima volta veramente. Ho scovato riverberi inediti che mi hanno addirittura catapultato con la mente ad Arezzo, per tornare alla capacità che hanno certi suoni di stimolare percezioni e ricordi!”
Tanta passione non può non smuovere la curiosità di approfondire: come si svolge di fatto il lavoro del sound designer?
«Esattamente come il tuo foglio vuoto di Word, anche l’inizio del mio lavoro è una schermata bianca: tutto ciò che mi arriva sono i dialoghi degli attori, uniche tracce sonore riprese sul set che vengono conservate, le musiche e ovviamente le immagini… Ma nulla più… Tutto il resto di ciò che si sente nel film deve emergere dalla mia fantasia e dalla mia sensibilità. Per inserire e associare un suono, per lo meno nel mio approccio, parto da un pensiero, da un’immagine sonora che la mia fantasia collega a ciò che sto vedendo. Una volta messe insieme tutte le immagini sonore che compongono una scena, la giro letteralmente nella mia testa immaginandomela e “suonandomela”: solo a quel punto seleziono dal mio database ed inserisco i giusti effetti, componendo il girato che era nella mia immaginazione e contribuendo così in modo decisivo alla resa finale del film.
Non si tratta di semplice e meccanica sincronizzazione di un suono all’immagine: i suoni di uno stesso oggetto possono essere resi da registrazioni di tutt’altro e declinati in uno sconfinato numero di modi diversi, finalizzati a veicolare altrettante diverse sensazioni. Facendo l’esempio di una porta, il cigolio della sua apertura cambia a seconda del personaggio che entra, del mood della storia in quella scena e così via… Ciò evidenzia l’immane potenza subliminale delle sonorità, in grado di muovere il nostro io più profondo anche in assenza di parole. Quante volte ci siamo commossi davanti ad una scena solo sentendo una musica o un particolare effetto uditivo?»
Tante, Matteo; commossi, esaltati, immalinconiti, letteralmente ed oxfordianamente cagati addosso… Ma d’ora in poi sarà ancora più intenso calarsi nelle atmosfere create dall’impatto sonoro di un film, sapendo che dietro alla genesi di questa magia si cela la ricerca creativa ed immersiva di un autentico virtuoso dei suoni, usati come strumenti per suonare infinite melodie emozionali al servizio della storia narrata su pellicola.
di ALESSIO FRANCI
Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.