Il nostro territorio è ricco di tesori naturali e di questo ne siamo piuttosto consci, ma vi sono alcune perle nascoste che incrociamo spesso nella vita di tutti i giorni e che, per sentito dire, riteniamo inutili o addirittura dannose: parliamo di erbe. A illuminarci su questo argomento vi è Federico Renzetti, appassionato ed esperto di fitoalimurgia (cioè la conoscenza dell’uso delle specie vegetali a scopo alimentare).
Com’è scaturita questa tua passione?
«Ho iniziato frequentando l’istituto agrario Capezzine e successivamente ho proseguito gli studi all’università di botanica. Durante questi anni di studio, l’amore per le erbe e le piante è cresciuto e cominciai a seguire esperti ed altri appassionati anche tramite le piattaforme social; oltretutto a me piace molto cucinare e scoprire che molte di esse sono commestibili, ha aumentato ancora di più il mio interesse. Ammetto che inizialmente mi sono approcciato ad alcune piante con titubanza, perché effettivamente si possono trovare anche lungo i marciapiedi e nelle aiuole, ma grazie alle conoscenze dei divulgatori che seguo, ho sperimentato e mi sono dovuto ricredere su molti dei nostri preconcetti a riguardo.»
So che sei autodidatta in questo campo.
«Si, i miei studi sicuramente mi hanno aiutato, ma le varie conoscenze che ho acquisito nell’ambito in questi anni provengono prevalentemente dalle mie ricerche. I libri sul tema sono piuttosto costosi e quindi spesso sei costretto ad attingere da internet, ma senza delle basi adeguate puoi sempre incorrere in esperti improvvisati e consigli sbagliati che possono portare anche a spiacevoli incidenti, come per esempio quelli che raccolgono zafferano selvatico e poi muoiono perchè hanno utilizzato il suo sosia tossico. Sono cose che succedono anche se sono casi piuttosto rari rispetto ai funghi: esistono piante molto tossiche, ma veramente poche di loro portano alla morte, più spesso a problemi intestinali forti.
Alla fine la raccolta delle erbe è qualcosa che nella nostra civiltà esiste da sempre e solo negli ultimi anni si è persa quest’abitudine. Mia nonna per esempio conosceva benissimo le piante da raccogliere ed è lei che mi ha introdotto a questo mondo da piccolo, ma la cosa più curiosa che ho scoperto è che la mia bisnonna era una figura antica chiamata la “curandera”, ovvero la farmacista di un tempo che produceva e vendeva preparati erboristici ed era anche “erbana”, cioè un’esperta di erbe; non ho avuto la fortuna di poterla conoscere ma posso dire che qualcosa di quel retaggio è rimasto in famiglia.
Fatto stà che bisogna conoscere bene ciò che si raccoglie, perchè esistono specie commestibili, benefiche, tossiche, ma anche specie protette.
Queste cose comunque le espongo sempre al pubblico nelle mie passeggiate per Ri-Generation, un’associazione con cui collaboro.»
Quindi organizzi delle lezioni?
«Sono stato contattato tempo fa da Silvia, la presidente di Ri-Generation, che mi ha proposto di fare delle passeggiate in cui insegno ciò che c’è da sapere sulle piante e sulle erbe. Aggiungo che al momento sono totalmente gratuite.»
Come si svolgono queste passeggiate?
«Di solito scelgo un posto che già conosco in base alla stagione e alle piante che voglio mostrare, visto che comunque si parla di piante stagionali, poi fisso un ritrovo con gli interessati e ci si incammina. Il tutto dura circa tre ore ed è più una questione di tempo speso per le spiegazioni che di effettivo movimento, perché alla fine troviamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno in un raggio di poche centinaia di metri; comunque le passeggiate non sono per nulla impegnative e quindi praticabili da chiunque. Solitamente prendiamo un massimo di quindici o venti persone per gruppo, altrimenti diventa dispersivo.»
Quale è la tua pianta preferita?
«Io direi il farinello, un tipo di spinacio selvatico estivo piuttosto comune. Chi ha un orto sicuramente la conosce perché è una pianta con le foglie polverose ed è una delle piante infestanti più disprezzate al mondo: essa infatti cresce ovunque, dai cantieri, alle strade, ai giardini, agli orti e anche sui marciapiedi. Può essere mangiato o cotto o crudo ed è molto resistente alla siccità. Possiamo dire che è la più odiata per ignoranza ed io l’apprezzo anche per questo.»
di LORENZO STIATTI
IG: @ri_generation_arezzo