Sei una ragazza, stai andando in bicicletta in una zona pedonale. Un tizio ti fissa dritta negli occhi, alza un sopracciglio e fa un mezzo sorriso. Ti fa un cenno con la voce perché vuole che anche tu lo guardi negli occhi. Si avvicina e ti dice “che gran culo che hai, dove stai andando?”
Il tizio sta facendo catcalling. Chi lo sa se lo fa in modo automatico e senza interesse, solo perché l’ha visto fare ad altri cento compagni migliaia di volta alle superiori; se lo fa per “goliardia”, per intrattenersi un po’ mentre scrolla la sigaretta in pausa pranzo; se lo fa perché veramente avrebbe una mezza intenzione di prenderti e sbatterti in un angolo mentre ti tiene tappata la bocca.
Sei una ragazza, con la stessa bicicletta sulla stessa zona pedonale, perché sei cocciuta e sempre di fretta. Improvvisamente ti salta la catena della bici. Ti fermi per rimetterla. Un tizio viene lì e insiste per aiutarti.
Chi è il tizio? Una persona gentile, o un uomo alfa che non vede l’ora di sfoggiare la sua virilità? Dipende. Dipende dallo sguardo, dalla scelta di parole, dalla sua reazione al tuo “no grazie, non ho bisogno, l’ho fatto mille volte”.
Esistono atteggiamenti che appartengono a una categoria precisa, e che fanno sentire il 99% di noi tutte allo stesso modo: spaventate e arrabbiate. Il catcalling non è un “solo complimento”, ma una molestia sessuale prevalentemente verbale (concorda l’Accademia della Crusca). Esistono poi atteggiamenti che non possono essere categorizzati a priori, ma vanno interpretati – solo da chi ha li ha vissuti in prima persona.
Sorella, ti capisco. Quanto è difficile raccontare il significato di uno sguardo, di un tono di voce, di quella risata maliziosa. Fratello, so che è difficile da comprendere, perché a te non è mai capitato. Ma la senti mia rabbia? La vedi la mia paura? Prova a sentirle, senza lasciarti distrarre dalla tentazione di provare a giustificare il tizio perché “forse a volte l’ho fatto anche io?”. Ti perdono se lo hai fatto. Ma adesso che hai capito il mio sentire, tienilo stretto e fallo tuo: perché la prossima volta che assisterai a una sorella in difficoltà, saprai come ascoltare e ci aiuterai a cambiare le cose.
a cura di CELESTE BITTONI
Consulente Sessuale
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