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storie che sono la mia #3
Funzionali al sistema: la storia di S. che non può avere figli e questo pare essere un problema per il sistema patriarcale...

Ho deciso di raccontare la mia storia per dare un punto di vista che non sento rappresentato; ci sono diversi nodi, ognuno può sciogliere quello che gli pare. A me interessa dargli una voce.
La più classica delle storie: mi sposo, cerco di avere un bambino, non ci riesco. Parallelamente inizio a stare sempre peggio dal punto di vista fisico: la serie di piccoli disturbi che avevo da anni e per i quali nessun dottore aveva fornito una risposta (le risposte, a onor del vero, c’erano state: “è stress”, “è nella tua testa”, “è normale”) diventano grandi disturbi: non posso mangiare, spesso sono piegata dai dolori, sono sempre stanca.
Vado dal medico, chiaramente qualcosa non va.
Scopro di avere da circa vent’anni una malattia, ma siccome – a quanto pare – avere dolori lancinanti durante il ciclo non è sufficiente come sintomo, nessuno l’aveva mai trovata prima. Non avere un figlio diventa l’unico motivo apparentemente accettabile per i dottori per far sì che io mi sottoponga ad analisi diagnostiche più approfondite. Faccio un’operazione e continuo con gli esami. Vabbè, che sarà mai avere una malattia cronica?
Emerge che le mie ovaie ormai si sono fuse con l’intestino, rimanere incinta sarà difficile. Che dramma inconcepibile, non poter aver figli. Non notate nulla di assurdo?
Non è più preoccupante soffrire di una malattia (assolutamente non rara, in quanto ha un’incidenza del 30% nella popolazione AFAB) cronica e debilitante, invece che avere poche probabilità di rimanere incinta?

Tutte le mie amiche mi trattano “di vetro”, perché forse non potrò aver figli (finora davvero pochi si sono posti la domanda di quanto sia radicato in me questo desiderio), ma nessuna pare preoccuparsi del fatto che io debba prendere tre antidolorifici al giorno, oppure quando i dolori arrivano talmente improvvisi da lasciarmi paralizzata. La malattia in sé non viene vista, i suoi effetti sulla mia fertilità sì.
Esattamente come accade con i medici, vengo vista solo in prospettiva di fertilità o infertilità, non di benessere o malessere.
Dovrò fare più di un’operazione per poter stare meglio e cercare di proteggere gli organi già intaccati. La cosa mi spaventa, ma nessuno mi chiede di questo; stanno tutti a vedere se il ciclo arriva, se prendo un analcolico all’aperitivo.
Decidete voi se non sia più grave che il sistema sanitario nazionale si sia accorto della mia malattia solo quando ho smesso di essere funzionale per lui.
La malattia è improvvisamente “apparsa” solo quando è stato chiaro che non mi avrebbe permesso di adempiere al mio destino di madre.
Ma al mio desiderio di donna felice e soddisfatta, qualcuno ci ha mai pensato?

a cura di S.

Se “è successo anche a te” e ce lo vuoi raccontare, scrivi a Collettivae oppure a redazione@wearearezzo.it e daremo voce alla tua storia.

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