Le nostre risonanze magnetiche stavolta si propagano lontane, ben oltre lo spazio urbano, arrivando a captare il sound già inconfondibile nientemeno che di, signore e signori e quant’altro, Sarafine.
Dopo averla vista e soprattutto ascoltata vincere X Factor 2023 con un’idea musicale innovativa; dopo averla vista e soprattutto ascoltata spaccare il palco del Men/Go Music Fest di Arezzo in un set interruptus delittuosamente breve e tardo-pomeridiano; dopo averne assimilato i brani recentemente usciti, a sancire la nascita di questa meravigliosa nuova «cosa» musicale italiana all’insegna del declamare introspettivo e socio-critico su basi da ballare a perdifiato, come se Pierpaolo Capovilla sotto tonici sintetici si fosse dato all’electro-clubbing.
Al qui scrivente musicomane local è sembrato quasi un sogno, da rendere però realtà quanto prima possibile, avere una nuova opportunità di approfondire in una vera e propria intervista la natura di Sarafine. Donna emozionale ed emozionante che trasuda sound e traspare diretta, pura, complessa, anima errante che ha trovato la forza di trovare sé stessa nell’espressione in musica. Largo dunque alla bellissima chiacchierata virgolettata che ne è emersa, inseguendone emozioni e profondità umane e sonore.
Chi sei tu, Sara? Come si parte da Sara per arrivare a Sarafine, che tanto ci ha colpito live in questa estate aretina, sia nel backstage, sia sul palco?
«La domanda che io mi pongo è più che altro “Che senso ho io?” Tendo a provare soddisfazione momentanea nelle cose, ma poi sono subito alla ricerca di qualcos’altro, anche proprio per identificarmi e qualificarmi continuamente. Adesso però, mi sto identificando davvero con quello che faccio in musica. Quindi, per rispondere, sono quello che faccio, in questo momento della mia vita, ma il mio senso è proprio la ricerca stessa del senso, l’introspezione.»
Essere arrivata a sentirti ciò che fai e rispecchiartici è un privilegio, un traguardo che però hai conquistato al termine di un percorso che ha fatto maturare in te una sorta di punto di rottura. Come e perché è arrivato?
«Ho sempre avuto la sensazione di non star facendo quello che dovevo fare. Non ho mai concretizzato questo sentire perché ho trascorso una gioventù obbediente, senza grosso credito e autorità sui miei pensieri. Ho vissuto quindi con il pilota automatico fino a 20 anni circa, salvo poi sentire una spinta verso un non meglio definito qualcosa da realizzare. Dopo la laurea, l’esperienza all’estero, poi la specialistica, poi di nuovo all’estero, sempre inseguendo un’insoddisfazione per un vuoto da colmare che non avevo ancora riconosciuto. Più che un momento di rottura, c’è stata poi una presa di consapevolezza. Il primo momento nella mia vita in cui mi sono agganciata con serenità a me stessa staccandomi dagli altri, lasciando il lavoro stipendiato in cui mi ero ritrovata per… boh?! Nonostante l’ignoto, c’era però appunto serenità nella mia interiorità, proprio perché non si trattava di impulsività, ma di solida sensazione maturata nel tempo e concretizzata finalmente tramutando quel “boh” nel provare a vivere facendo musica. Finalmente avevo capito come colmare il mio vuoto.»
Arriviamo dunque a parlare della tua musica, che in un mercato discografico saturo e con sempre meno guizzi è stata una delle poche occasioni negli ultimi tempi in cui le orecchie si sono davvero drizzate, avendo tu dato loro decisamente da pensare. Come e da dove ti è uscito questo mix pazzesco di elementi distanti ma compatibili, questa fantastica cosa musicale che mi guardo bene dal definire?
«Non so che genere faccio… Tutto nasce da due mie esigenze: la prima è quella di cercare di raccontare ed esprimere artisticamente nei testi i lati più oscuri e brutti che ho riconosciuto nella mia persona, essenzialmente mettendomi a nudo. Mi aiuta nel rispondere un amico, che artisticamente mi ha definito cruda, ma un crudo che fa bene. La seconda esigenza è quella di coinvolgere le persone in quello che faccio, facendo arrivare quindi tematiche profonde tramite un lato musicale liberatorio e coinvolgente. Dubstep, drum&bass e affini mi hanno sempre attratto per questo aspetto di sfogo, di orgasmo da drop che portano con sé e ho trovato naturale utilizzare queste sonorità per mettere insieme interiorità e fisicità musicale da condividere.»
Liberarti e liberare…
«Liberarmi e liberare. Sì, vero e bello.»
Questa tua spinta inclusiva di condivisione, tra l’altro, traspare in modo evidente nel tuo modo di vivere le canzoni, anche già semplicemente guardando la tua gestualità sul palco, che apre ed invita costantemente chi hai davanti verso di te!
«Questo, oltre ad essere un’altra cosa vera, è anche l’ossimoro della mia vita: sono in effetti tanto inclusiva nei dintorni del palco e in generale nel mio lato artistico, quanto poco lo riesco ad essere nella vita privata.»
Cos’è per te il nuovo materiale che stai pubblicando?
«Per me è un esperimento esistenziale di ridimensionamento interiore tramite musica. L’EP, “Un trauma è per sempre”, uscito il 6/12 è un viaggio introspettivo in cui affronto le mie paure creandoci qualcosa. Con fiducia in me stessa, sì, ma anche riconoscendo il timore dovuto all’essere molto più piccola del mondo in cui sono entrata e realizzando che, quindi, non tutto può essere sotto il mio controllo. Ne è infatti perfetto preludio il singolo “Control Freak”, uscito il 15/11. Citandone il testo: “Non mi sento promettente nel tuo business di emozioni’”. Dal punto di vista sonoro, unisce momenti sonori riflessivi a drop super ignoranti, una perfetta traduzione musicale della mia persona, riflessiva e tamarra!»
La netta sensazione, data dallo tsunami di input emozionali che arrivano nitidi e vividi nonostante la mia scalcinata webcam e che Sara non vuole o forse semplicemente non può celare in questo momento di volo appena spiccato, è che l’inizio della fine di Sara sia davvero giunto. Una fine che è di nuovo inizio, di un percorso musicale ma soprattutto finalmente suo. Una fine lieta e rumorosa verso cui seguiamo gaudenti e danzanti Sarafine, avendo già ampiamente e fatalmente ceduto all’impulso di tuffarsi con lei nel suo abisso sonoro gioioso, amplificato e psicoattivo… A vedere la magia.
di ALESSIO FRANCI
Credits Elisa Hassert
IG: @sarafine___
Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.