Riusciamo a incontrare Gianni Santucci, stimato coreografo aretino, per una fortunata coincidenza: è tornato solo da qualche giorno da New York, la sua seconda casa, e a breve ripartirà per Taiwan dove sta curando la regia e la coreografia di un Rigoletto. Nel suo salotto aretino predomina la libreria e presto la nostra intervista si trasforma in un dialogo a tre con essa.
“A volte mi chiedo cosa voglio fare oggi? Chiudo gli occhi e pesco un libro a caso.”
Per lui, partito da Arezzo e arrivato ai Golden Globe, la cultura e la curiosità sono alla base di tutto: “Io sono un vecchio signore, quindi sono legato ai libri. Se si vuole fare qualsiasi lavoro nella maniera giusta, completa, bisogna studiare sempre, sempre, sempre.”
Cosa la lega oggi alla città dove è nato?
«Non mi sento molto a casa da un punto di vista dell’accoglienza, Arezzo me ne ha riservata poca. Ho alcuni amici, tra storici e nuovi, che sono le persone che mi fanno tornare. Ad esempio ultimamente ho ripreso contatti con gli sbandieratori della città; scrivo nelle loro pubblicazioni e continuo ad avere frequentazioni. Un’altra cosa cui sono legato è la ginnastica: ho seguito come coach una coppia di giovani nella preparazione ad un campionato del mondo di show dance. Uno di loro è figlio di un mio vecchio compagno di ginnastica appunto. Sta di fatto che Arezzo per me rimane una vacanza. Quando ho cercato di creare qualcosa qui ho trovato moltissime porte chiuse. Per gran parte delle realtà artistiche aretine io non esisto. E mi va bene così, lavoro molto all’estero, dove è tutto molto diverso. Comunque ad Arezzo sto bene e non mi interessa fare più di quello che faccio.»
Chi è Gianni Santucci all’interno di una grande produzione?
«Vedi, lì sul pavimento ci sono un’opera, un’operetta e un musical; sono progetti ai quali sto lavorando in parallelo, quello a cui decido di dedicarmi lo prendo e lo metto sul tavolo. Anche con il cinema lavoro regolarmente. Ci sono due serie tv in uscita ed è uscito recentemente un film a cui ho lavorato come coreografo. A volte curo anche la direzione artistica e la regia e sono considerato anche espero di danze storiche. Faccio anche delle mie realizzazioni: finora ho girato tre cortometraggi e sei mediometraggi.
Definirei il mio mondo “teatro totale”, espressione non mia ma che prendo in prestito, uso e distruggo a volte. Quindi sono un coreografo, un regista, ma soprattutto uno che si diverte. I miei insegnanti di ginnastica mi dicevano che facevo troppe cose, che dovevo specializzarmi. Se oggi non facessi tante cose, sarò onesto, non lavorerei abbastanza per sopravvivere, perché il lavoro è diminuito tantissimo e c’è molto meno professionismo rispetto a prima. Non c’è più tempo di fare ricerca. La preparazione è lunghissima se vuoi fare bene qualcosa; devi prendere un libro e studiare. Ogni lavoro è fatto di libri secondo me.»
Qual è stato il suo percorso di vita e artistico?
«Io ero un ginnasta di livello nazionale, ero uno dei migliori in Italia sugli anelli. Finita la carriera mia sorella, che studiava danza, mi convinse a seguirla. Tra i diciassette e i diciott’anni sono entrato in quel mondo e per le mie caratteristiche fisiche ho iniziato subito a lavorare. Sempre con mia sorella, con la quale ho un rapporto bellissimo! Siamo andati a fare audizioni a Roma per la tv e abbiamo fatto Fantastico 6. In seguito ho fatto un’audizione con la Carrà e con lei andai negli USA. Lavorammo insieme per sei settimane e poi le chiesi di poter rimanere lì a studiare, alla fine sono tornato dopo due anni. Ho riniziato in tv e poi ho conosciuto Gino Landi, il mio maestro artistico e di vita; ho collaborato con lui, prima come ballerino poi come assistente, abbiamo fatto tante cose insieme, mi ha insegnato tanto e con lui ho intrapreso tutta la mia “seconda carriera”, quando regia e coreografia sono diventati il mio lavoro.»
Che consiglio darebbe ad un giovane che voglia intraprendere una carriera artistica?
«A volte le scelte arrivano dopo che uno ha iniziato. Prima cominci e solo in un secondo momento ti rendi conto che devi andare in una direzione piuttosto che in un’altra. L’arte ti porta dove vuole lei. Cosa consiglio? Studiare e aprire la mente, quindi viaggiare. Cercare di capire, informarsi, se veramente si vuole intraprendere una vita artistica. Ci vuole tanta curiosità.»
di GABRIELE MARCO LIBERATORI
IG: @santuccigianni

Laureando in lettere antiche, chitarrista dall’animo rétro, cultore di teatro e storia dell’arte. Ritengo che la conoscenza dell’espressione e del pensiero umani sia l’unica chiave per elevare il nostro spirito.. Il mio motto è “E l’omo vive”, perché non c’è buona speculazione intellettuale senza un calice di rosso e un piatto di leccornie regionali.