Scroll Top

 A Kind of Magic

Tommaso Ristori torna in grande stile con A Kind of Magic, album d’esordio del suo nuovo progetto musicale aperto, Astral Syndacate

Dopo Communion, prodotto nel 2020 con lo pseudonimo di PASSED, Tommaso Ristori torna in grande stile con A Kind of Magic, album d’esordio del suo nuovo progetto musicale aperto, Astral Syndacate.
Astral Syndacate è un’evoluzione di PASSED o sono due progetti slegati tra loro?
«Possiamo dire che Astral Syndacate, in parte, è una prosecuzione ed un’estensione del progetto PASSED, perché nasce da sperimentazioni elettroniche iniziate proprio durante il periodo in cui era attivo quest’ultimo. All’interno di A Kind of Magic si possono facilmente ritrovare le sonorità e le atmosfere che contraddistinguevano PASSED e che sono state la base di sviluppo di questo nuovo percorso musicale.»
Quali sono le maggiori differenze tra i due progetti?
«PASSED era strutturato in maniera meno minimalista, proiettato nell’ottica di eventuali esibizioni dal vivo e fondamentalmente è nato come un lavoro solitario. Astral Syndacate è quasi l’opposto di quella visione, perché rifiuta i live, andandosi a concentrare maggiormente sulla produzione e sul disco, ma soprattutto è un progetto che si apre alle collaborazioni. Ho sentito il bisogno di cambiare approccio alla musica durante il periodo pandemico, andando a tessere nuovi rapporti musicali dopo anni in cui avevo preferito lavorare da solo.
Avevo del materiale registrato precedentemente e per un po’ di tempo mi sono scambiato delle demo di questi pezzi con degli amici, coinvolgendoli pian piano in quello che oggi si chiama Astral Syndacate. Per adesso non è un collettivo, anche se in futuro punta ad esserlo.»

Personalmente ho trovato quest’ultimo disco più «naturalistico» e selvaggio, a tratti contemplativo.
«Considera che la base tribale dei tamburi di Communion è presente anche qui, ma sicuramente vi è in generale un approccio più astratto rispetto a quel lavoro. I suoni sono tutti fatti a mano, a volte compaiono e
scompaiono in momenti inaspettati e soprattutto non seguono dei pattern predefiniti o delle ritmiche umane.»
L’impressione è che le tracce facciano parte di una grande biosfera in cui ognuna di esse rappresenta un particolare ambiente. Sono ben amalgamate ma anche riconoscibili l’una dall’altra.
«Come genere musicale i pezzi sono differenti tra loro, ma le sonorità ritengo siano piuttosto omogenee e rappresentino effettivamente il collante che tiene unito tutto il disco. Sono molto contento del risultato: tutto fluisce naturalmente e fila nel modo giusto, esattamente come me lo ero immaginato.»

Come sei riuscito a definire questi brani, visto il loro particolare percorso creativo?
«Nessuno di questi pezzi, a parte forse A Kind of Magic che è il più minimalista, ha finito per essere ciò per cui era stato concepito inizialmente. Dentro alle tracce c’è di tutto, persino intere jam sessions che avevo creato in passato per eventuali live e fatico davvero a descrivere quante cose siano state inserite nel tempo in ognuna di esse. Potremmo dire che è stato usato un metodo di stratificazione dei suoni: con l’aggiunta costante di nuovo materiale posto sul precedente, si è data forma ai brani del disco. Il lavoro mastodontico è stato quello dell’editing, mentre la postproduzione è stata minima.»
Però stavolta, come hai già accennato, non eri più solo.
«Esatto. Vorrei quindi approfittarne per ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di A Kind of Magic: Alberto Brunello, Iacopo Gradassi, Bianca Barbagli, Filippo Manfredi Giusti, Giacomo Manneschi, Leonardo Pedron, Riccardo Mazza e Re delle Aringhe!»

di LORENZO STIATTI

Lorenzo Stiatti
LORENZO STIATTI

Chitarrista e cantautore, principalmente legato da un amore indissolubile alla musica punk e a tutte le sue derivazioni.
Lettore accanito sin dall’infanzia e scrittore al giorno d’oggi.

Related Posts