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La signora dei crocefissi

Per rendersi conto di cosa stiamo parlando, basta nominare tre dei lavori di Daniela Galoppi a cui è particolarmente affezionata...

Aretina doc e figlia d’arte (suo padre è stato il direttore artistico della Unoaerre), Daniela Galoppi sfoggia un curriculum impressionante: una tesi sul busto di San Donato, pubblicazioni sia sulle arti minori che sul restauro (di prossima uscita un itinerario sulle opere di Vasari nel territorio aretino), da più di trent’anni è restauratrice e storica dell’arte.

Un lavoro non sempre facile. “Perché non stacchi mai e devi dimostrare sempre le tue capacità, anche in quanto donna. Se ripenso a quando ho iniziato, penso a un mondo soprattutto maschile e fatto da persone che avevano un’attitudine artistica: poi il restauro è cambiato, aprendosi a delle basi scientifiche che oggi sono strumenti imprescindibili.

Per rendersi conto di cosa stiamo parlando, basta nominare tre dei suoi lavori a cui è particolarmente affezionata: i suoi tre crocefissi, come li chiama lei, con evidente orgoglio e affetto. Il Cimabue di San Domenico ad Arezzo, un simbolo della città, insieme alla collega Laura Ugolini; il Segna di Bonaventura della Badia, una delle croci più grandi della Toscana; e la croce giottesca dell’abbazia di San Fedele di Poppi. Una selezione che da sola lascia sbalorditi, poche parole per riassumere anni – perché la conservazione non è e non può essere un’opera della velocità – anni di lavoro e passione.

Ma oggi la conservazione del nostro patrimonio ha perso un ruolo importante. A livello culturale la riforma Franceschini è stata devastante: ha eliminato la soprintendenza di Arezzo, che è passata sotto Siena e riducendo il contributo dello Stato ha creato un contesto attuale in cui i progetti di conservazione e restauro si devono soprattutto ai mecenati.

Laureata con Ugo Procacci, direttore dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze ai tempi dell’alluvione, quando entra in contatto con quel mondo si innamora del restauro. “Lì ti accorgi che l’arte è materia.” E qui si respira proprio questo: la materia del legno e del colore, della carta e dei libri aperti sui tavoli. Il laboratorio affacciato su Borgunto è pieno di oggetti, la temperatura e la luce ideali in queste tre stanze al piano terra di Palazzo Albergotti dove Daniela appare nel suo elemento, anche grazie, mi spiega, all’ottimo rapporto con la famiglia.
Mi ritengo una persona fortunata”, riflette alla fine della nostra chiacchierata, in cui mi ha mostrato con grande generosità ciò a cui sta lavorando ora, lasciandomi curiosare e spaziando su mille argomenti. “Perché ad oggi ancora mi alzo la mattina con l’entusiasmo di venire a lavorare.

di VIVIANA RIZZETTO

Viviana Rizzetto
VIVIANA RIZZETTO

La valigia è diventata fondamentale da quand’ero bambina, così la mente l’ha seguita. Teinomane, nictofila, multitasker; un po’ nerd. La laurea in lettere l’ho presa perché credo che la letteratura e la scrittura siano le cose più fighe che l’umanità abbia inventato.

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