Da tempi immemori WEARE studia i campanilismi e le disfide tra nord e sud, tra est e ovest di questa regione chiamata Toscana, eppure, tra tante indagini non si è mai soffermato sugli antagonisti che girellano spensierati tra le vie della città e i sentieri di provincia: i cosiddetti turisti.
Come accade quando si visita una nuova destinazione sconosciuta, anche ad Arezzo potresti compiere errori o passi falsi. I veri forestieri li trovi in fila alle scale mobili che salgono sulle vette della città con le scarpe da trekking e i calzini beige abbinati al berretto, quelli che dopo aver pagato il biglietto del parcheggio scoprono che Arezzo è un museo a cielo aperto, gratis, e hanno un’espressione compiaciuta. Poi ci sono quelli vestiti in stile “safari”, sotto l’epoca coloniale, con il cappello, che fotografano tutti i tetti della città e poi vedi quelli che danno da mangiare ai piccioni, pensando di essere in piazza San Marco.
Gli Etruschi narravano che a fondare la città fosse stata la dea Artume. Le terre aretine sono patria di grandi scrittori, letterati, ma anche grandi artisti come quelli che mangiano il gelato “sciolto” fino all’ultima goccia, quelli con il piumino da montagna legato alla vita che rientrano dalle frescure di Camaldoli e quelli con i calzini di spugna con i sandali che ormai sono diventati di tendenza. Quelli che si portano sempre tutto da casa con la bottiglia d’acqua da un litro calda e la mappa sempre in tasca, perché googlemaps per loro è l’involuzione.
Quelli che si mettono in coda per il super giro in minibus, quelli che guardano la casa Museo di Giorgio Vasari anche quando è chiusa. Quelli che riempiono la propria tazza Stanley gigante alla fontana del prato, quelli che si fanno il pisolino, quelli che stanno all’ombra e quelli che scelgono la calamita da attaccare al frigo quando torneranno a casa. Considerata spesso la “Cenerentola” di Toscana, l’antica Arezzo vive di turismo slow: ci sono quelli che dividono uno zaino in due da usare come cuscino nell’ora di siesta tra gli scalini di San Francesco, quelli che si tengono per mano, che non sanno dove andare e si ritrovano sotto l’edera del Vicolo della Volta e si amano più di prima. Qui, come non mai, l’arte si fonde con la religione, dando luce ad un patrimonio di inestimabile importanza: il cibo.
Ci sono quelli che apprezzano il nostro pane pensando che manchi il sale, quelli che quando vedono la scritta tartufo, ci vanno sotto e ne comprano a kili. Ed infine la Gente di mondo che ha già saggiato paesi esotici in passato. Sanno che se vogliono sopravvivere devono imparare dai locali, capiranno che instaurare
un dialogo a gesti e bicchieri di vino significa tutto. C’è chi vuole andare all’estero, chi in città, o chi vuole immergersi nella natura, mare o montagna che sia, ma poi alla fine Arezzo vince sempre.
di VERONICA VALDAMBRINI
Stylist, Graphic Designer e Fashion Writer. Fin da quando ne ho ricordo, sono sempre stata attratta da situazioni, stili e differenti tipi di bellezza. Continuamente alla ricerca del nuovo ed alla riscoperta del vecchio, si affiancano a musica Jazz, Portrait Fotografici e cultura giapponese, piaceri e fonti di ispirazione per il mio lavoro e stile di vita.