Rinascere o forse addirittura nascere. Già, perché il neonato album Sundogs è sì la seconda uscita discografica della rock band made in Arezzo Low Tide, ma arriva a ben quattro anni di distanza dalla prima, Discrete, la cui crescita e diffusione sono rimaste amputate, com’è intuibile appunto, dal fatalmente pandemico anno di pubblicazione 2020. Ci si aggiunga poi che il disco appena uscito è stato concepito collettivamente da una nuova formazione, visto l’ingresso di un nuovo batterista ed ecco che, entrando nella sala prove dei Low Tide per raccogliere le vibrazioni dei quattro musicisti con il loro figlio musicale in procinto di vedere pubblicamente la luce, si ha il fervente sentore di un’elettrizzata nursery rock.
Boati, non vagiti, riecheggiano. Impossibile non percepire ed assorbire l’entusiasmo misto a sana tensione di cui è satura l’aria: non è scontato, in effetti, che un’implosione come quella che hanno subito loro, malgrado i primi Low Tide, riesca poi a generare una nuova deflagrazione come quella che invito caldamente a far penetrare a tutto volume nelle orecchie, già mentre si leggono queste righe.
Per certi umani, però, l’espressione musicale non è né una voglia, né una necessità, ma un riflesso vitale e automatico tanto quanto lo è il respirare. Parola sparsa, adesso, ai quattro genitori di questo nuova bomba noise-punk-rock, aretina sì, ma maledettamente orientata all’internazionalità e l’immancabile cantato in inglese è l’ultimo dei motivi, oltre ad essere il più scontato.
“La nuova formazione, oltre ad averci dato nuova linfa musicale, ci ha consentito di ritrovarci con la giusta costanza per ripartire con forza e in una forma diversa. Il nuovo disco contiene 10 canzoni che sono tutte composte da noi, motivo per cui è giocoforza più compatto. La chimica musicale, per quanto abbia necessitato del giusto tempo per portare ad un album, è comunque scattata sin dalle prime prove. Alcuni dei pezzi di “Sundogs” sono nati lì, di getto. Poi, come detto, c’è voluto del tempo, ma oltre alle necessità di scrittura e registrazione c’è anche un fattore di cura che non volevamo sottovalutare: in fondo, fare musica è per noi non il lavoro quotidiano, ma prima di tutto passione, per cui volevamo che ogni aspetto di ciò che avremmo portato in pubblicazione rispecchiasse noi al 100%, senza fretta di buttare fuori qualcosa tanto per farlo. A livello di testi, questo lavoro è pieno di riflessioni e pensieri che, senza che ci fosse questa volontà o ricerca in origine, sono andati ad incastrarsi naturalmente: si parla fondamentalmente sempre di approfondimenti interiori su aspetti e momenti di vita, in cui tanti possono riflettersi. Musicalmente, l’idea era esprimere potenza; meno velocità, più impatto da tirare fuori in un suono più aggressivo, strutturato, grasso. Il passato musicale dei Low Tide era un po’ più leggero, rapido, adolescenziale. Nel nuovo lavoro abbiamo cercato più atmosfere, con sonorità più spesse e che arrivassero a maggiori profondità.”
Lo si intuiva già dai muscoli fatti intravedere nei singoli Mountains e Witching Hour usciti precedentemente, con l’ascolto dell’intero lavoro uscito lo scorso 29/11 ecco la cartina al torna-suono: Sundogs è un album massiccio, potente, in cui si percepisce tangibilmente l’esigenza della band aretina di far sentire finalmente pienamente la propria voce musicale, amplificata e senza restrizioni, con un secondo esordio discografico che è una vera e propria rinascita.
Rinascita che prudeva forte sulla punta delle dita e delle corde vocali, con un’impellenza che si sente sin dall’attacco del primissimo brano del disco, rigettata a decibel e ritmi forsennati nei padiglioni auricolari. Un cantato profondo, urlato dagli abissi dell’io, veicolato da muraglioni chitarristici noise impenetrabili, ma illuminati da pennellate melodiche, sostenuto da una ritmica trascinante che trapana note su note con intensità e precisione. Numero del vostro chiropratico alla mano: non c’è tregua per le vertebre cervicali in una liberatoria overdose di headbanging.
Qua si portano anime e orecchie là dove il rock è brutale catarsi psicofisica: caduta da un precipizio, frenate repentine e fulminee riemersioni adrenaliniche, in un viaggio imprevedibile dal sound imponente che fa arrivare all’ultimo brano sudati e felici lungo salite e discese vertiginose, break mozzafiato e impennate distorte, per cui il massimo volume è l’unica modalità di fruizione consentita. Per chiudere, potrei anche elencare i brani dell’album che più mi hanno colpito come l’ultimo dei vecchi recensori sbrodoloni, ma in quest’era di ascolti randomici e fugaci c’è invece un comandamento musicale da riprendere a piene mani: gli album si ascoltano dall’inizio alla fine, possibilmente nell’ordine pensato da chi li ha composti! Gratifica anche tu le ore di vita sudate da un musicista: premi play a Sundogs e pensa solo a goderne, ballando, gridando, suonando l’aria come se il pavimento di casa tua fosse quello di un palco. Non perderti poi i prossimi aggiornamenti sui concerti che i Low Tide hanno in canna per far definitivamente esplodere il loro nuovo lavoro: se non lo poghi dal vivo, godi solo a metà!
di ALESSIO FRANCI
Credits: le foto alla band sono di Agnese Andreoni,
la copertina dell’album è di Ambra Andrei
IG: @lowtideit
Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.