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Fuochi Poetici

Intervista ad Andrea Bindi, pompiere-poeta classe 1983, reduce da un successo di critica e vendite che ha dato vita a un piccolo caso editoriale

A volte non ho voglia di parlare. Ho voglia solamente di ascoltare le persone. Quelle che non conosco. Quelle che non si aspettano una risposta. Da me.
È così che recita una delle poesie contenute nella raccolta “Inquieto Vivere”, venuta alla luce nel luglio 2024 grazie alla penna di Andrea Bindi, pompiere-poeta classe 1983, reduce da un successo di critica e vendite che ha dato vita a un piccolo caso editoriale, oltre che dalla recente conquista del titolo di “Aretino dell’Anno”.

Ma come nasce l’amore per la poesia, e soprattutto come si coniuga col mestiere di pompiere?
«È un ossimoro, in effetti. La scrittura è una passione che ho fin da ragazzino, insieme a quella per la lettura, da quando a 14-16 anni ho letto “Jack Frusciante è Uscito dal Gruppo”, e subito a seguire “Tutti Giù per Terra”. Due libri che mi hanno letteralmente cambiato, facendomi capire che si può raccontare anche la vita delle persone normali, quella quotidianità che semplicemente ti succede. Anni dopo, un pomeriggio mi è successo di scrivere questo piccolo racconto – a dire il vero neanche troppo originale, basato su un viaggetto che avevo fatto un pomeriggio – e dopo averlo pubblicato sui social, ho visto che aveva ricevuto un buon riscontro. Così ho iniziato a raccontare ciò che mi capitava, e sono andato avanti per diversi anni. L’idea di scrivere un libro in realtà non ce l’ho mai avuta, perché pensavo – col senno di poi, sbagliando – che le mie cose non avessero un gran respiro fuori da Facebook, che era in qualche modo un po’ una comfort zone. A un certo punto sono entrato in contatto con Simona Viciani, la traduttrice ufficiale di Charles Bukowski – autore che amo – e le ho detto: prima che diventiamo amici, io ti mando le mie cose, e tu mi dici se secondo te vanno buttate o se possono esistere anche fuori dai social. Lei mi ha risposto: se tu le pubblichi, io ti regalo la prefazione. A quel punto ho chiuso gli occhi e ho visualizzato il mio libro con su scritto “prefazione di Simona Viciani”, e mi sono detto: questo libro ora lo devo fare per forza, anche a costo di inventarmelo (ride – NdR). Da lì in poi il lavoro è stato lungo ma relativamente semplice: sono andato a riprendere su Facebook tutte le cose che avevo scritto negli anni e che potevano adattarsi a una raccolta, ho portato il tutto a una casa editrice della zona, e così si è formato un viaggio strano, particolare, ma che in qualche modo ha funzionato. Il resto è stato un mezzo miracolo, siamo partiti con una tiratura di 300-400 libri che dopo tre giorni sono andati esauriti, e quindi abbiamo ristampato più volte (oggi siamo alla quarta tiratura – NdR). È stata una sorpresa, specie per un genere come la poesia, in Italia non particolarmente seguita o valorizzata. Un libro di poesie, in vetrina in libreria, non è qualcosa che si vede spesso; perlomeno, non di qualcuno che sia ancora vivo (ride – NdR). Io mi diverto tanto, giro per l’Italia e soprattutto ho raggiunto l’obiettivo di conoscere coloro che stanno dietro ai like: il libro è nato sui social, ma per incontrare le persone sono dovuto ripassare dalla carta.»

Concettualmente, “Inquieto Vivere” contiene temi diversissimi tra loro, come disagio sociale, cura, abbandono, musica rock e provincia. Come sei riuscito a farli coesistere?
«Inizialmente avevo un dubbio: di cosa parla questo libro? Volevo trovare una chiave che potesse rispondere a questa domanda. In definitiva, questo libro è la vita di una persona che di lavoro fa il pompiere e che quando torna a casa ascolta la musica: il suo minimo comun denominatore, semplicemente, sono io. Ma mi sono reso conto che lo sono anche le altre persone, che si ritrovano in quel che leggono. Io attraverso il mio viaggio, a volte specchiandomi nelle situazioni degli altri, a volte viceversa. Per me il libro è un gioco a due: io ti canto una canzone, ma se tu non la ascolti con il cuore, non funzionerà mai; con onestà ti racconto cosa mi è successo, e se ti va, sta a te entrarci dentro. A me piace tanto l’epica delle cose piccole, delle vite normali, che però contengono un mondo intero.»

Il tuo stile è stato definito “una meta-narrativa paratattica”. Tu come descriveresti il tuo processo creativo?
«Si parte sempre con un’urgenza, con la percezione di avere qualcosa da dire. Io ho imparato a conoscerla: quando mi succede qualcosa, elaboro il tipo di sensazione che voglio esprimere, e a quel punto le parole si incastrano tra di loro fino a portarmi al risultato. É il motivo per cui non riuscirò mai a scrivere un’opera di narrativa, perché io devo arrivare subito a quell’emozione, seguendo un processo istantaneo; non ho troppe sovrastrutture, immagino le poesie come fossero canzoni. Chiaramente anche il mestiere che via via si acquisisce aiuta nella composizione. A volte funziona, a volte no. Sta anche all’interpretazione di chi legge deciderlo.»

Questo è il tuo ultimo libro, ma sappiamo che non sarà l’ultimo. Cosa succederà dopo?
«“Inquieto Vivere” forse ha ancora una sorpresa da riservare nel 2025, che non posso rivelare ma che spero vada a buon fine. Nel mentre sto lavorando a una nuova selezione. Io vivo i libri come se fossero album musicali; ho molta produzione, alcune poesie sono più belle, altre meno, ma secondo me nei libri vanno messe sia le une che le altre. Sono felicissimo anche per quanto riguarda i live: il fatto di aver riportato la poesia nei locali, nei pub, non è affatto scontato. Nell’epoca dei social, dove tutti possono stare a guardare per ore qualsiasi cazzata online, mettersi il giubbotto e andare appositamente in un club a vedere un tizio che legge poesie, sembra quasi incredibile a raccontarsi. Vedere le persone emozionarsi alle presentazioni è un vero spettacolo, pensare di aver trovato il loro “pulsante” senza neanche averlo cercato, e rendendosi conto solo dopo che, per trovare quel “pulsante”, bisogna prima aver capito dove sia il proprio.»

di GEMMA BUI

 Credits Simone Bacci

FB: Andrea Bindi
IG: @andreabindi_83

Gemma Bui
GEMMA BUI

Studentessa, musicista, cultrice dell’Arte variamente declinata. Con la scrittura, cerco di colmare la mia timidezza dialogica. Nelle parole incarno la sintesi – e non la semplificazione – della realtà. Credo nella conoscenza come mezzo per l’affermazione di sè e come chiave di lettura dell’esistere umano.

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