L’episodio, verificatosi lunedì 1º novembre 1954, alle 6:30 del mattino, è conosciuto come “Caso Lotti” o anche “Caso Cennina”. La prima inchiesta sull’accaduto fu condotta solo nel 1972 da Siro Menicucci. Seguirono nel 1973 quella di Paolo Fiorino e nel 1977 quella di Roberto Pinotti, fondatore del Centro Ufologico Nazionale. Il caso divenne famoso anche negli Stati Uniti.
Rosa Lotti Dainelli, contadina quarantenne, sposata e madre di quattro figli, viveva insieme alla famiglia in una casa colonica nel podere “La Collina” situato in una zona isolata tra Capannole e Cennina, frazione di Bucine in provincia di Arezzo. È stata considerata un soggetto mentalmente stabile ed attendibile. Proveniva da una famiglia umile, di scarsa cultura e “aveva sentito parlare di dischi volanti solo due o tre volte”. Rosa Lotti Dainelli, con l’intenzione di assistere alla messa di Ognissanti e visitare il cimitero, percorse un sentiero di campagna che portava alla chiesa di Cennina. In occasione della messa indossava il vestito nuovo e per non rovinare le scarpe buone decise di portarle a mano, insieme alle calze e a un mazzo di garofani come offerta alla Madonna pellegrina, la cui processione era avvenuta la sera prima.
La donna conosceva bene quel sentiero, lo aveva percorso molte volte, anche di notte. Nei pressi di una radura a circa 20 metri di distanza intravide tra i cespugli un oggetto appuntito. Avvicinandosi notò che era fusiforme ed era incastrato nel terreno in posizione verticale.
“Era alto circa due metri e largo, al centro, circa un metro e venti centimetri, di colore marrone opaco. Nella parte centrale si notavano, opposti l’uno all’altro, due finestrini a forma di oblò e, in mezzo a questi, ricavato nel “cono” inferiore, uno sportello di “vetro” chiuso. Una specie di doppio cono, alto oltre due metri e largo circa un metro nel mezzo […] L’esterno dell’oggetto brillava come fosse metallo ben lucidato. Nella parte bassa del cono c’era un portello aperto di vetro, e all’interno si potevano vedere due piccoli sedili, piccoli come quelli usati dai bambini. Nella parte centrale più larga del fuso, c’era una specie di vetro rotondeggiante, stondato che seguiva la forma rotonda della misteriosa macchina.” (da La Nazione Italiana, 2 novembre 1954).
“Come due campane unite insieme alla loro base.” (dal cinegiornale La Settimana Incom, n° 24 anno XV.) “L’oggetto era molto ingrossato al centro e appuntito alle estremità. Sembrava ricoperto di cuoio.” (da Il Giornale del mattino, 2 novembre 1954) “Dai cespugli uscirono improvvisamente due esseri dalle fattezze umanoidi ma alti soltanto un metro. Quasi come uomini, ma delle dimensioni di bambini. Indossavano una tuta grigia aderente con bottoni lucenti, una corta mantellina sulle spalle, un casco apparentemente di cuoio che copriva, con due dischetti, anche le orecchie e un nastro di cuoio intorno alla fronte. Avevano degli occhi magnifici, pieni di intelligenza. I loro nasi avevano una forma normale, le loro bocche come quelle degli uomini ma le labbra superiori erano leggermente curvate al centro, in modo che anche quando non stavano ridendo si vedevano i loro denti. Avevano denti come i nostri, larghi, denti forti, ma corti (come fossero stati limati) e piuttosto in fuori come quelli dei conigli.”
I due esseri le presero i fiori e una calza che riposero nell’ordigno fusiforme. Da come gesticolavano e dal tono della voce non sembravano minacciosi, ma amichevoli. Parlavano una lingua descritta come simile al cinese, ripetevano “liu, lai, loi, lau, loi, lai, liu“). La signora protestò per riavere indietro le sue cose ma i due esseri le restituirono solo una parte dei fiori tenendosene cinque. Con una calza legarono il mazzo dei fiori restanti e lo posero nell’ordigno. Uno dei due prese dall’interno dell’oggetto fusiforme uno strumento cilindrico marrone e lo puntò verso la signora “dando l’impressione di scattare delle fotografie“. Spaventata la donna si allontanò nel bosco senza però essere inseguita. Dopo il racconto dell’avvenimento i carabinieri ispezionarono il luogo e trovarono una buca, presumibilmente creata dalla punta dell’oggetto infilata nel terreno.
Ampelio Torzini, allora un bambino di sei anni, in occasione di un tema scolastico rivelò di aver assistito insieme al fratello di nove anni, Marcello, al colloquio tra la donna e i due esseri non identificati mentre erano a pascolare i maiali nella radura. Non è sicuro se i due fratelli potessero essere considerati testimoni oculari attendibili o se il racconto fosse solo frutto della fantasia dei due.
Il racconto della donna fu accompagnato da diverse testimonianze di avvistamenti di oggetti volanti non identificati che coincidono per collocazione temporale. Le notizie sono riportate dai quotidiani toscani Il Giornale del Mattino e La Nazione tra il 2 e il 5 novembre. In totale si contano 24 testimoni di avvistamenti di “dischi diurni”: Alle 6:30 circa un operaio di S. Leolino, mentre era a caccia, vide un corpo luminoso scendere di quota fino ad atterrare nella zona in cui avvenne l’incontro tra la donna e i due esseri non identificati. Sempre verso le 6:30 il floricoltore Andrea Livi e il figlio Vittorio percorrendo il tratto stradale Bucine/Ambra osservarono “un ordigno conico di colore rosso, luminoso, e delle dimensioni di circa due metri, che sembrò innalzarsi da Ambra ed attraversare la zona emettendo fiammelle e lasciando dietro di sé‚ una scia di volute bluastre come di fumo“.
Un muratore di venticinque anni, Romualdo Berti, avvistò un “razzo luminoso che si alzava in verticale dal bosco di Ambra, sprigionando fiammelle bluastre dalla coda. L’oggetto si diresse verso sud, da Cennina verso Badia a Ruoti“. Passate le 7:00 Luigi Dini, impiegato alla Corte d’appello di Firenze, assieme alla figlia, vide “una strana cosa volante” proveniente dal Falterona e diretta verso Arezzo (verso sud).
Il meccanico Marcello Pistocchi, percorrendo in motocicletta il tratto che da Mercatale porta a Bucine, avvistò nel cielo “un ordigno sferico che volava orizzontalmente e che emanava una luce così forte da illuminare a giorno il terreno sottostante“. La luce proveniva da un faro al centro dell’oggetto e da altri due ai lati. Emanava una scia di colore rosso-blu. Gridando, Pistocchi attirò l’attenzione di Giuliano Colcelli e sua sorella Tosca che, affacciatisi alla finestra della loro casa, videro l’oggetto mentre si allontanava. Lo descrissero come “una specie di uovo rossastro“.
Al fenomeno assistettero anche Gino Pianigini, Luigi Bianchi e don Nerio Rossi (da Cennina). Le evoluzioni dell’oggetto furono descritte anche da Ottorino Santarelli, Otello Buriasi e Angiolino Brogi (da Pietraviva), che descrissero l’oggetto come un “globo celeste” che volava in direzione di S. Lucia e, secondo Santarelli, “emetteva strani lampi fra il celeste e il rosso“. Secondo La Nazione altre nove persone avvistarono un oggetto volante luminoso nella zona di Bucine.