Domenica 29 Gennaio, presso il Centro Onda d’Urto di Villa Severi, in collaborazione con Chimera Arcobaleno Arcigay Arezzo, si è tenuto l’evento Grassofobia: Se la Conosci la Eviti, un laboratorio di formazione in cui le due fat queer activists Valentina Quattrocchi e Sabrina Russo hanno dialogato con le persone presenti. Anche noi di WEARE abbiamo partecipato al laboratorio, prendendo consapevolezza del fatto che sulla grassofobia (e in generale sul movimento fat queer, nato in America alla fine degli anni ‘60) c’è molto da dire, nonostante ancora oggi nel nostro Paese se ne parli pochissimo: dalle discriminazioni verso le persone grasse (Valentina e Sabrina ci hanno insegnato a utilizzare, con le dovute attenzioni, questo termine come descrittivo) nello sport, a quelle sul lavoro, fino a quelle nell’accesso agli spazi pubblici, solo per citare le più evidenti. Tutte situazioni reperibili nel quotidiano, rese tuttavia invisibili da una società patriarcale, che finisce per cancellare le persone, prima ancora dei loro diritti.
Il tavolo di Valentina e Sabrina è stato illuminantemente (in)formativo, avendo fatto emergere questioni troppo speso date per scontate, anche a causa della grassofobia interiorizzata a livello sociale, che spesso – colpevolmente o meno – continuiamo a perorare nella vita di tutti i giorni.
La giornata è proseguita con la stand-up comedy di Sabrina “Mi è Successo il Femminismo”. Un’ora di spettacolo brillante e acuto, che parla di femminismo – e inevitabilmente, prima, di patriarcato – calati nel quotidiano: mentre ascoltiamo la radio, quando rispondiamo al telefono, o andiamo in Ospedale. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Valentina e Sabrina subito dopo il laboratorio, per parlare di fat activism e grassofobia e far conoscere questa realtà anche a chi non era presente all’evento. Reputiamo che il loro lavoro sia importante da seguire, alla luce di un’esperienza e di un vissuto che non tutte le persone possono sperimentare, per far emergere quella particolare categoria di lotta transfemminista legata alle persone grasse e alle relative discriminazioni che da ciò derivano. Ma adesso, facciamo parlare loro.
Presentatevi pure, diteci da dove venite e da quanto fate attivismo e stand-up!
Sabrina: «Io sono Sabrina Russo; torinese, entro in Arcigay Torino nel 2016. Quando sono comparsi i primi post di Belledifaccia (progetto Instagram – poi divenuto Associazione – body positive, con focus sulla fat acceptance e liberation; di Chiara Meloni e Mara Mibelli) ho iniziato a interessarmi attivamente alla cosa; attraverso la Rete Donne Transfemminista di Arcigay ho iniziato poi a fare formazione insieme a Valentina. Il primo incontro è stato online, nel Giugno 2020; da lì, ne abbiamo poi fatti altri, sia online che in presenza (in città tra cui Siena, Modena, Torino, e appunto Arezzo). Ovunque ci venga richiesto, se riusciamo, interveniamo volentieri.»
Valentina: «Faccio attivismo LGBT dal 2017, ho cominciato in Arcigay Modena. Dal 2020 faccio invece attivismo fat queer; ho iniziato anche io una mia elaborazione personale attraverso il blog di Belledifaccia e gli articoli di Elisa Manici (giornalista, scrittrice, attivista LGBTQIAP+ e fat queer). Quando ho conosciuto Sabrina, attraverso la Rete Donne Transfemminista, ho strutturato insieme a lei questo nostro talk, il tavolo che proponiamo.»
Qual è il messaggio che cercate di portare avanti attraverso l’attivismo e la formazione, come anche con la stand-up di Sabrina?
Sabrina: «Nella formazione cerchiamo, per quanto possibile, di iniziare a porre delle spie per decostruire la grassofobia sistemica che ci circonda; molto dipende anche da dove ci troviamo: l’esperienza ad Arezzo partiva da un livello di elaborazione abbastanza alto rispetto ad altri posti, in cui magari cominciavamo più dalla base. Cerchiamo di portare fuori il concetto per cui “tutti i corpi sono validi”; cosa succede, dove risiede la discriminazione, lavoriamo su questo. Spostandomi sulla stand-up, in essa non parlo solo di grassofobia. Il monologo che porto in questo caso si intitola “Mi è Successo il Femminismo”, e tratta più temi, legati appunto a esso; credo che l’ironia, con la famosa formula “fa ridere ma fa anche riflettere”, sia un mezzo molto potente per iniziare a vedere, affrontare e parlare di certi argomenti.»
Valentina: «Quello che cerchiamo di fare con le formazioni è togliere il velo su un argomento non sufficientemente trattato, parlare di diritti e discriminazioni sulle persone grasse; è un argomento politico, vasto, transfemminista, difficile da esaurire in solo un’ora e mezzo. Noi, rispetto alle compagne che scrivono, hanno blog o altro, cerchiamo di avere un rapporto più di “tavolo” e confronto con le persone con cui ci interfacciamo, cerchiamo l’incontro con loro, per svelare cose che in realtà sono sotto gli occhi di tutt*, ogni giorno. Un’altra bellissima esperienza, che non pensavamo sarebbe stata tanto dirompente, è stata quella del Torino Pride 2022, dove abbiamo avuto la possibilità di parlare sul Carro di Arcigay Torino: abbiamo sperimentato un registro ancora diverso, in un momento di piazza, per comunicare e rivendicare tutta una serie di istanze sommerse.»
Sabrina: «Nella fattispecie, credo che sia stato il primo discorso politico sulla grassofobia avvenuto ad un Pride in Italia. Abbiamo pubblicato il video online, inizialmente anche con un po’ di incoscienza, perché credevamo molto nella cosa. Dopo le prime quarantotto ore di “bolla” e relativi complimenti, il video è uscito dalla “bolla”, e lì è iniziata la shitstorm, durata più di una settimana, con tutte le conseguenze dell’hate speech. Ciononostante, per quanto mi riguarda, lo rifarei: abbiamo ricevuto anche buoni feedback, sappiamo di aver fatto una cosa inedita, rappresentando con i nostri corpi un portato di elaborazione comune. Siamo state in qualche modo il mezzo per la lotta.»
Ricollegandomi a questo ultimo episodio, vorrei chiedervi: comunicare con chi ha già un certo tipo di sensibilità verso l’attivismo e la lotta è più semplice rispetto a chi di quella sensibilità è privo (in ottica mainstream, diremmo l’“hater”). Avete qualche consiglio da dare a riguardo?
Sabrina: «Per quanto mi riguarda, non esiste una risposta valida, replicabile in ogni situazione: io, per esempio, lavoro in un’officina meccanica, per otto ore al giorno sono in un ambiente che è quanto di più sessista e machista si possa trovare, oltre che grassofobico. Non passo tutta la giornata a rispondere a ogni cosa, o a cercare di educare tutte le persone con cui mi interfaccio; a volte mi sento di rispondere, o provare a buttare dei semi, altre volte mi faccio da parte, sapendo anche che mi ritroverei da sola. Va comunque tenuto conto del fatto che le persone che fanno attivismo sono pur sempre persone: la safe zone deve essere presente anche per loro; se ci si trova in una situazione dove non ci sentiamo di entrare o interagire, è ok non farlo. Aver sempre voglia di prendere in braccio ed educare tutte le persone credo sia impossibile: dove c’è spazio per il dialogo certamente sì, dove c’è comunque modo di portare fuori delle questioni, magari anche incazzandosi, altrettanto. Anche io credo comunque molto nel concetto di fare rete.»
Valentina: «Trovo che non ci sia peggior sordo di chi non vuol sentire, e anche che non ci meritiamo di andare a cercare l’hater per spiegargli la vita: faremmo un feminist-splaining inutile e sterile. Credo molto nella moltiplicazione delle voci; purtroppo la grassofobia, anche all’interno della bolla transfemminista, non è un tema sempre trattato, e non sempre nel modo giusto. Partendo dal concetto per cui “tutti i corpi sono validi”, per noi continuare a parlare all’interno della bolla significa ancora moltiplicare le voci. Espandersi sempre di più rispetto alle persone che riusciamo a raggiungere è ovviamente un obiettivo; ma non cercherò sicuramente di agganciare in prima persona persone fuori dalla “bolla”, così distanti rispetto a questi temi. Io credo nelle pratiche e nella loro moltiplicazione, e spero in un “effetto cascata” in questo senso.»
Chi voglia seguirvi o contattarvi, come può farlo?
Sabrina: «Io utilizzo principalmente Instagram, sono @sabrina_sabbra_russo (Sabrina Sabbra Russo su Facebook); cerco di rispondere a chiunque mi cerchi, ma non sono ferratissima con la tecnologia (ride – NdA), a volte mi perdo delle cose, anche se poi le recupero.»
Valentina: «Non faccio attivismo online perché non sono molto capace; ogni tanto posto foto mie, credo tanto nel fatto che essere visibile come persona grassa possa essere un atto politico, utile ad altre persone grasse che non si sentono rappresentate; metto il mio corpo “al servizio” di una rappresentazione che ancora non esiste, ma in maniera molto personale. Essere attivista fat queer mi dà la possibilità di dare sfogo al mio ego e mettere foto nuda (ride – NdA), in opposizione alle contrarie policies di Instagram. Di base faccio questo, su Instagram sono @quattrocchi.vale e su Facebook Valentina Squaw Quattrocchi. Se c’è qualcun* che vuole scrivermi per un confronto, risponderò ben volentieri!»
di GEMMA BUI
Studentessa, musicista, cultrice dell’Arte variamente declinata. Con la scrittura, cerco di colmare la mia timidezza dialogica. Nelle parole incarno la sintesi – e non la semplificazione – della realtà. Credo nella conoscenza come mezzo per l’affermazione di sè e come chiave di lettura dell’esistere umano.