Dopo l’incontro con il Direttore della Casa Circondariale di Arezzo (su WEARE#24 – NdA), abbiamo deciso di proseguire la nostra esplorazione: seguire il filo rosso che lega le persone detenute ai volontari e al personale delle carceri, la popolazione carceraria alla città tutta. Il dentro e il fuori.
Per capire questo rapporto ho incontrato due volontari di Oltre il Muro ODV, Luigi e la Presidente Anna: da anni, insieme agli altri volontari, una o due volte a settimana si recano presso la Casa Circondariale. Aprono sul tavolo un grande faldone pieno di fotografie e scritti: hanno documentato minuziosamente il lavoro svolto, e quasi si accavallano per raccontare tutte le iniziative, gli aneddoti, le persone, con la passione e la convinzione di chi sa che queste attività sono una parte fondamentale del processo di reinserimento.
“Uno dei complimenti che ci hanno fatto più piacere è stato quello del Direttore, che ha detto che i volontari contribuiscono alla sicurezza.”
Capisco che, da quando l’Organizzazione è nata, si sono cercati tanti tipi di attività per coinvolgere i detenuti, con predominanza di quelle artistiche, perché la manualità e l’espressività si sono rivelati elementi vincenti.
“Uno dei progetti riguarda la biblioteca, che fa parte di quelle istituzioni obbligatorie all’interno del carcere per l’emancipazione dei detenuti. Qui ad Arezzo ci sono molti libri, ma devono essere scelti, riorganizzati e catalogati. Se ne è incaricato un detenuto con il nostro aiuto, in previsione di fare un prestito organizzato.”
Mi raccontano dei corsi di patchwork, di teatro, di arte creativa: i lavori dei detenuti, di libera espressione – come il Diario di Bordo del 2020 – oppure di illustrazione – come il Pinocchio del 2022 – sono diventati mostre esposte alla cittadinanza, grazie alla collaborazione di Feltrinelli e InformaGiovani Arezzo. Ma parliamo anche dell’impegno dell’Organizzazione per decorare alcuni ambienti della Casa Circondariale, e per raccogliere fondi (in collaborazione con varie realtà cittadine) destinati alle spese personali dei detenuti, dalle ricariche telefoniche ai francobolli necessari per mantenere i contatti con l’esterno, dal tabacco al cibo extra.
Dalle loro parole emergono tanti dettagli sul “dentro”, ai quali chi sta “fuori” difficilmente pensa: gli orari di vita, le partite con scacchi di cartone, oppure a calcio-tennis nel cortile, con un filo come rete. L’importanza di una pittura sul muro che possa rappresentare una finestra. E io mi rendo conto di quante cose non realizzi, chè non le sai finchè qualcuno non te le dice.
“Ciò per cui ci impegniamo è fare in modo che queste persone, che non possono partecipare fisicamente alla vita cittadina, non siano dimenticate da chi sta fuori. Perché possano essere ancora “viste” tramite le opere che realizzano, perché non prevalga la vulgata che identifica i detenuti con persone da rinchiudere per poi “buttare la chiave”. Ed è una fortuna avere un carcere all’interno delle mura, perché rende più facile per i cittadini essere coinvolti.”
Perché quella delle persone recluse è una parte della popolazione cittadina, in cui la cooperazione e il senso di comunità sono molto importanti.
“Il senso di comunità va costruito, perché ognuno ha la sua storia dentro la testa. Ma noi abbiamo già visto dei cambiamenti: per esempio, quando siamo entrati non c’era questa abitudine di cucinare per tutti e mangiare insieme.” Grazie a un bando della Cassa di Risparmio di Firenze, Oltre il Muro ha potuto comprare vari materiali, tra cui tavoli lunghi e sedie con schienale. Dettagli che possono fare una grossa differenza.
Alla fine chiedo: vi domandano mai cose sul fuori? Avete la sensazione di due “tempi” diversi?
“Certo. E raccontano il passato. Una volta nel Diario di Bordo qualcuno l’ha scritto: “voi venite qui, ma poi tornate a casa e siete liberi. Noi no”. Il tempo lì dentro è un tempo vuoto, da riempire di ricordi.”
Avete l’impressione che siano contenti di vedervi?
“Per loro quelle con noi sono le due ore di libertà: una libertà anche mentale, altrimenti la maggior parte del tempo la passano pensando a sé stessi, alle loro vicende. Sono quasi tutti giovani. Hanno bisogno di avere una speranza. Perché quella in carcere è solo una fase della loro vita, che però, dopo, sarà ancora lunga.”
di VIVIANA RIZZETTO
Foto per gentile concessione
di Oltre il Muro ODV
FB: Oltre il Muro ODV