Giocando a calcio si incrociano i tacchetti con tante persone: con la quasi totalità di queste, ci si rivede in età adulta con le scarpette ben appese al chiodo, ridendo su aneddoti legati a campi fangosi ed errori clamorosi. Capita poi, seppur raramente, che invece una di quelle tante persone la si riveda cambiando canale, ancora in maglietta e pantaloncini ad esprimere il proprio talento nei campionati più importanti: è questo il caso di Andrea Settembrini,aretino DOC, centrocampista moderno che abbina quantità e qualità e che a 26 anni si sta conquistando i migliori palcoscenici calcistici. Ecco quindi i suoi pensieri, nel pieno della stagione che lo sta vedendo protagonista in Serie B nelle fila del Cittadella, dopo un percorso professionale senza scorciatoie, fatto di applicazione e voglia di crescere. Come si sta nel calcio che conta? «Giocare in serie B è una gran bella emozione, è un salto di categoria che aspettavo da tempo e che finalmente è arrivato. Si incontrano realtà calcistiche importanti, con un grande seguito di pubblico: essere parte di un campionato così bello è la realizzazione di un sogno che, visto il mio percorso partito molto dal basso, era diventato quasi insperato.» Qual è stato il percorso che ti ha portato dai campi della provincia aretina all’attuale Serie B con il Cittadella? «Partendo dal dilettantismo nel campionato di Eccellenza e, ancor prima, da realtà giovanili di livello regionale, è stata una scalata lunga, difficile ed importante: sono pochi i calciatori che si affermano nei massimi campionati nazionali partendo così dal basso. C’è voluta tanta passione, ma anche tanta fortuna. Ho cominciato giocando il campionato di Eccellenza con la Sansovino, poi la Serie D con la Pianese, per poi avere la fortuna di accedere ai campionati di Lega Pro, prima nel Poggibonsi e nel Pontedera, successivamente per 2 anni bellissimi nella Feralpi Salò. Quest’anno, finalmente, la chiamata in Serie B, arrivata dal Cittadella: non potevo approdare in una squadra migliore per il mio primo anno in questa categoria.»
Che emozioni hai provato calpestando l’erba di uno stadio storico come l’Olimpico di Roma, affrontando negli ottavi di finale di Coppa Italia un top club di Serie A come la Lazio? «Ho provato un’emozione unica: non avrei mai pensato di arrivare a giocare una partita così importante, in uno degli stadi più importanti d’Italia che, all’ingresso in campo, mi ha fatto sicuramente un certo effetto. La cosa più bella e stimolante, però, è stata confrontarsi in gara ufficiale con una squadra di Serie A, misurandosi con giocatori di gran livello che ormai da 2 anni sono al top nella massima serie.» Che consiglio daresti ad un bambino che indossa oggi le sue prime scarpette tacchettate, sognando i campi più importanti? «Il consiglio più importante che darei è di crederci sempre e non mollare mai; con sudore, impegno, autostima ed un pizzico di fortuna si possono ottenere grandi cose, anche senza la strada spianata che ti dà il giocare sin dalle giovanili in squadre professionistiche. Ovviamente, se si ha l’opportunità di giocare da subito in ambienti con staff tecnici di livello, si hanno maggiori opportunità di crescita, ma in questo caso entra in gioco la caratteristica principale che consiglio di coltivare e sviluppare: l’umiltà. Essere umili è fondamentale per ascoltare, arricchirsi e riuscire così ad ottenere grandi risultati.»
Come vivi la vita da girovago del pallone? Ti manca Arezzo? «Ormai da ben 7-8 anni vivo lontano dalla mia terra d’origine, infatti quando ho la possibilità di tornare, specialmente nel mio paese (Montagnano), ne sono sempre più che felice. Un po’ mi manca la terra aretina, ma allo stesso tempo ho l’opportunità entrare in contatto con città e persone diverse e questo è un aspetto che mi piace del mio lavoro, un lavoro in cui gli spostamenti sono una parte quasi fondamentale.» Quali sono i progetti ed i sogni che hai per il futuro? «A livello extra-calcistico, progetto di comprarmi una casa e tornare a stabilirmi, al termine della mia carriera, ad Arezzo. Per quanto riguarda la sfera professionale, invece, il mio sogno lo dico sottovoce e con un po’ di scaramanzia: sogno un altro piccolo salto di categoria, visto che ormai sono arrivato così vicino dopo tanto duro lavoro. Mai avrei pensato che si potesse concretizzare il desiderio di esordire in uno dei campionati più belli del mondo, ma sono lì a pochi centimetri, pronto a giocarmi tutte le mie carte per coronare un sogno che mi sembrava realizzabile solo da bambino, alle prese con le figurine dei miei idoli.»
Andrea non la pronuncia, la “Serie A” …e allora la pronunciamo noi augurandogliela, perché sarebbe stupendo vedere un nostro concittadino che arriva lassù, lottando con tutte le sue forze e passando dal percorso più ripido e tortuoso.
Di Alessio Franci
ALESSIO FRANCI
Innamorato di ogni applicazione del linguaggio, dipendente dal bello e dal buono. Osservo, rifletto, pungo, vivo. Da 27 anni mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di interpretarlo ed apprezzarne le armonie e le sfumature.