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Io sono qui

È questo il titolo del documentario dedicato ai “Giorni della Chiassa”, scritto e diretto da Simone Grazzi, che abbiamo intervistato per scoprire dettagli e curiosità

È questo il titolo del documentario dedicato ai “Giorni della Chiassa”, scritto e diretto da Simone Grazzi, che abbiamo intervistato per scoprire dettagli e curiosità relativi alla vicenda avvenuta sul finire della Seconda Guerra Mondiale.
Tu intraprendi studi di architettura, ma poi sviluppi una passione per il videomaking e per il cinema. Come inizia il tuo percorso?
«Comincia davvero per caso. Tutto è nato dall’amore per il cinema, grazie al quale ho iniziato a fare video personali, astratti, con temi visivi che mi suscitavano interesse, ma in realtà molto normali e semplici. Poi sono passato al racconto di storie che reputavo interessanti, avvicinandomi alla vicenda dell’Eccidio di Civitella, che già conoscevo da diversi anni; ho avuto la possibilità di entrare in contatto con la signora Ida Balò Valli e quel punto mi sono detto “perché non chiederle se le interessa raccontarmi ciò che si ricorda?”. L’ho quindi incontrata e intervistata, e da quel racconto è nato il mio primo documentario, “L’Altra Guerra”.
Per il secondo documentario non ero inizialmente orientato verso il racconto di un’altra vicenda legata alla Seconda Guerra Mondiale, anche perché ascoltare determinate storie è sempre piuttosto doloroso e difficile, per nulla scontato né banale. Conosco molto bene Santino Gallorini, scrittore e storico; chiesi a lui se conoscesse una storia da raccontare, lui mi parlò appunto dei “Giorni della Chiassa”, una storia incredibile, davvero da film. La vicenda mi incuriosì subito, e peraltro avvenne il 29 giugno del 1944, lo stesso giorno dell’Eccidio di Civitella; questa concomitanza di date l’ho letta quasi come un segno del destino, una chiamata. E così ho deciso che l’avrei raccontata.»

“Io Sono Qui” è uscito nel Gennaio 2025. L’episodio dei “Giorni della Chiassa” si colloca alla fine della Guerra, nel periodo della Resistenza, quando presso la Chiesa della Chiassa Superiore il commando tedesco rastrellò 400 abitanti, come rivalsa per il rapimento del Colonnello von Gablenz per mano del “Russo”, capo di una banda di ex detenuti slavi. Gli eroi di questa storia, che nell’arco di quarantotto ore trassero in salvo gli ostaggi, evitando una strage già quasi annunciata, furono Gianni Mineo, siciliano originario di Bagheria, e il nostrano Giuseppe Rosadi, suo braccio destro. Tu hai ripercorso la vicenda tramite un complesso processo di ricerca storiografica. Com’è andata?

«Servirebbe una serie Netflix solo su Gianni Mineo, tante furono le sue imprese.
Personalmente ho intervistato due reduci diretti della vicenda e diversi familiari e discendenti, raccogliendo in totale una dozzina di storie: ognuna di esse è stata singolare, e mi ha regalato emozioni fortissime. Penso a Franco e Doriano Casi, rispettivamente di 12 e 3 anni all’epoca dei fatti, e fisicamente presenti quel giorno. Franco, essendo più grande, lo ricorda benissimo; la sua intervista è stata per me la più segnante. Tutti sappiamo che la guerra è esistita, ma solo quando qualcuno che l’ha vissuta personalmente te la racconta in maniera così diretta, ti fa prendere consapevolezza di cosa è successo davvero. Non so spiegarlo bene, ma per me è stato così. La tematica è significativa, specie in un periodo storico come quello che stiamo vivendo oggi, in un parallelismo tanto inquietante quanto attuale.»
Ci saranno altre proiezioni di “Io Sono Qui”? Sai già a cosa ti dedicherai dopo?
«La prima del documentario si è tenuta alla Chiassa; la cittadinanza ha risposto benissimo, apprezzando il mio lavoro, e questo mi ha fatto molto piacere. È stata una serata unica ed emozionante. C’è stata un’ulteriore proiezione alla Corte dei Miracoli di Siena, poi sono stato anche a Bagheria, nel paese di origine di Gianni Mineo, che per l’esattezza proveniva dal sobborgo di Santa Flavia. Anche qui ho fatto tre incontri, due nei licei e uno in Comune. Anche questa esperienza è stata fantastica, i ragazzi nello specifico sono stati davvero partecipi, facendo osservazioni che mi hanno colpito, e manifestando autentico interesse verso la tematica.
Penso che quando si criticano i ragazzi di oggi, bisognerebbe prima conoscerli; sono sicuro che sarebbero capaci di stupirci. La distribuzione del documentario è completamente indipendente, ma cercherò per quanto possibile di portarlo in giro. Le prossime proiezioni saranno il 26 e 27 aprile rispettivamente a Foiano della Chiana e ad Arezzo, entrambe in collaborazione con ANPI. Successivamente ce ne saranno altre, andrò probabilmente a Novara, in Casentino, e sono addirittura in contatto con l’ANPI di Londra, che ha manifestato interesse verso il progetto. Per il futuro ho un po’ di cose in ballo, mi piacerebbe affrontare anche temi diversi dalla guerra, ma sto comunque valutando l’idea di una trilogia, visto che mi è stata proposta un’altra vicenda bellica molto interessante. Sono inoltre appassionato di musica, quindi sto pensando anche di virare su questo tema, essendo una persona versatile e con tanti interessi diversi. Ancora comunque non c’è nulla di certo, quindi scaramanticamente non ne parlo troppo.»

di GEMMA BUI
Credits Claudia Caruso

FB: Simone Grazzi
IG: @simonegrazzi

Gemma Bui
GEMMA BUI

Studentessa, musicista, cultrice dell’Arte variamente declinata. Con la scrittura, cerco di colmare la mia timidezza dialogica. Nelle parole incarno la sintesi – e non la semplificazione – della realtà. Credo nella conoscenza come mezzo per l’affermazione di sè e come chiave di lettura dell’esistere umano.

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