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La banda dei briganti
Il Covo dei Briganti, un'osteria che ad Arezzo serve la tradizione dal piatto al calice.

Il nome del vostro locale è singolare, come lo avete scelto?

«In origine era il nome di un nostro locale a Ponte Caliano per il quale avevo accolto positivamente alcune proposte del mio socio, Maurizio, fino ad arrivare a questo che è appunto il nome che abbiamo scelto. Solo successivamente ho scoperto che il mio trisnonno, nel 1861, è stato condannato per una rissa con il brigante Gnicche, nato proprio dove abbiamo aperto il locale! Un segno del destino…»

Dall’ospitalità di Roberta si intuisce da subito che la convivialità è uno dei pilastri su cui poggia la sua idea di cucina.

Il Covo dei Briganti, che ormai da qualche anno porta colore, vivacità (e delizie!) in città (in via Guido Monaco, 9) è un’osteria che serve la tradizione dal piatto, al calice.

Qual è la vostra idea di cucina?

«Ci definiamo “briganti”, come se fossimo una sorta di paladini del gusto e della toscanità. Il “covo” invece deve far sentire come a casa i nostri commensali; qui sono accolti, coccolati. Devono sentirsi parte della banda dei briganti per sperimentare non solo un’esperienza culinaria, ma percepire anche l’energia e la vivacità che c’è in questo posto; è un elemento che ci contraddistingue da tutti gli altri.

I nostri piatti guardano inevitabilmente alla tradizione, alle pietanze che si cucinavano una volta; come il “cacio bugiardo”, in cui si fa di necessità virtù, perché il cacio (ingrediente spesso mancante nella cucina povera aretina) viene sostituito e “simulato” attraverso le briciole di pane.

La stessa filosofia si riscontra anche nell’altro nostro locale, la Gastronomia, situata a pochi metri da qui. L’unica differenza è nella proposta dei piatti.»

Roberta ci parli di “Storie in cucina”?

«Dietro ad un piatto c’è tanto!  Mi piace raccontarne la storia, rievocare le tradizioni, ma anche legarlo al concetto di locanda di una volta, a cui tengo molto. Ad esempio, il nostro “piatto etrusco” si rifà proprio alle origini della nostra Arezzo, città con una forte cultura culinaria contadina. “Storie in cucina” è una rubrica che pubblichiamo sui nostri canali social e ci permette proprio di raccontare tutto questo; la storia dei nostri piatti e di quelli della tradizione aretina.»

Se dovessi descriverti attraverso un vostro piatto, quale sarebbe?

Io sarei “buono come il pane”: uno gnocco di pane raffermo con pomodoro fresco e una nota piccante che ti sorprende alla fine. Se invece dovessi paragonare l’osteria ad un piatto, questo sarebbe lo stinco: dopo una lunghissima cottura con erbe e spezie viene arrostito e poi, da quanto è tenero, si taglia con un cucchiaino; è il nostro cavallo di battaglia! Il locale della Gastronomia, invece, potrei descriverlo con il “pecorino twist”: un pecorino panato fritto accompagnato con un uovo cotto a bassa temperatura, croccante ma cremoso.»

Che ne dite? Vi abbiamo invogliato ad entrare a far parte della banda dei briganti?

 

di CARLO MARTINO

 

IG: @ilcovodeibrigantiarezzo
ilcovodeibriganti.it

CARLO MARTINO
CARLO MARTINO

Classe 1992, nato a Cori, un paesino che nessuno conosce. Sono laureato in Storia dell’arte e proprio a Firenze, città “culla del Rinascimento”, decisi di specializzarmi in arte contemporanea. Mai nessuna scelta fu così tanto azzeccata. Sono presidente di un’associazione culturale no profit con la quale organizziamo eventi e mostre d’arte contemporanea. Nutro una passione nell’origliare i commenti delle persone relativi alle opere d’arte allestite nei musei. Oltre a questo amo i libri, il rock, lo sport, l’improvvisazione teatrale. Mi piace molto anche il whiskey (se bourbon meglio).

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