Arezzo è considerata una fucina di artisti, sia per i personaggi storici di rilievo e per le loro opere, sia per i nuovi talenti che, nonostante le difficoltà dettate dal provincialismo e dalla poca lungimiranza istituzionale, riescono a crescere e a formarsi. Tra queste nuove leve troviamo Manuel Capaccioli, pittore.
Quando e in che modo ti sei avvicinato alla pittura?
«Cominciai a dipingere sin dalla tenera età ma con scarsi risultati: sono sempre stato attratto dal disegno, ma al tempo lo consideravo più uno svago adolescenziale che un vero e proprio lavoro. Ho studiato presso ITIS di Arezzo e successivamente ho frequentato l’Istituto d’Arte per circa un anno e mezzo, ma mi arrabbiavo perché non mi insegnavano materialmente ciò che volevo fare e lo studio procedeva piuttosto lento. Non avendo completato questo percorso di studi, ritengo di aver avuto la fortuna di essermi risparmiato l’accesso all’Accademia delle Belle Arti che nella mia ottica risulta una sorta di lager: la creatività personale viene smontata e ti viene insegnato un certo canone e certe regole da seguire. Non era assolutamente un percorso o un ambiente adatto a me.»
Come si svolge la realizzazione di un tuo lavoro?
«Tutto parte da uno schizzo tratto da un immaginario che mi creo, cercando poi di imprimerlo con una foto: l’ispirazione può arrivare in qualsiasi momento, in qualsiasi posto, considerando che penso costantemente al mio lavoro e partendo da essa ne ricreo materialmente il contenuto.
Negli anni sono passato dai disegni a carboncino, ai quadri in acrilico, per arrivare infine all’utilizzo dell’olio su tela, mantenendo però le due tecniche precedenti come base per i miei lavori; per prima cosa vado da un falegname da cui prendo una tavola di legno, la ingesso e successivamente do una passata di cartavetrata, infine applico le tre tecniche citate precedentemente nello stesso ordine in cui le ho elencate. Chiaramente non mi sono fermato a questo, ma ancora sperimento partendo dai colori.»
Cosa ti piace ritrarre?
«Preferisco rappresentare le persone e l’anatomia umana in generale, ma non parlo di meri ritratti, bensì di arte figurativa con la sua introspettività: io non apprezzo il realismo come quello dell’arte classica, nonostante ne riconosca il valore.
Ho anche fatto sedute con modelli umani per i disegni, ma non potendomi permettere dei professionisti, invitavo amici e conoscenti alle mie sessioni: è per questo che nella maggioranza dei miei quadri, i soggetti siamo io, la mia fidanzata e una cerchia davvero ristretta di persone.»
In breve, come definiresti le tue opere?
«Psicologiche, forse. Nello specifico direi che mi interessano quei momenti in cui la noia diviene malinconia poetica, una bellezza triste; come quando due opposti si attraggono e poco prima del contatto vi è quel momento di malinconia struggente, una sorta di noia affascinante che da descrivere a parole è estremamente complicata.»
A chi ti ispiri principalmente?
«Ogni opera parte da un disegno, e infatti, prima di voler fare il pittore, intendevo diventare un fumettista: creavo e disegnavo storie prevalentemente violente perché alla fine il dramma ha sempre contraddistinto i miei lavori. Tutto divenne più chiaro quando rimasi folgorato dalle opere di Egon Schiele, per il quale tutt’ora provo un amore sconfinato e che continuo a reputare il migliore in assoluto, ma non posso non menzionare anche le menti di Gustav Klimt, Munch ecc.»
Ci sono delle esperienze importanti nel tuo percorso?
«Non avendo frequentato ambienti didattici pertinenti al mio campo, mi sono ingegnato su come poter partecipare a mostre e ho iniziato da quelle a pagamento che riconosco essere sbagliate. Tutto è cambiato in questo ultimo periodo perché sono venuto in contatto con un curatore d’esperienza, Massimo Magurano, a cui ho sottoposto il mio portfolio e il suo giudizio è stato positivo, tanto da inserirmi in una mostra di rilevanza nazionale, la mia prima personale, che si svolgerà tra gennaio e giugno 2023 presso l’outlet di Foiano della Chiana e le mie opere saranno esposte da fine febbraio.»
Cosa ne pensi dell’attuale panorama artistico italiano?
«Ho visto diversi artisti interessanti, ma sinceramente ora sono totalmente preso dal mio percorso e non riesco a focalizzarmi su altri. Io non voglio essere riconosciuto in futuro come chissà quale maestro, ma vorrei essere visto come un artista e vorrei poter vivere con le mie opere. Se fallissi nel mio intento sarei umanamente finito. Per me, l’arte è vita o morte.»
di LORENZO STIATTI
IG: @capacciolimanuel