In un articolo scientifico del 1978, il cui focus è la masturbazione femminile, leggo per la prima volta il termine “responsività coitale delle donne”. Faccio una precisazione: in inglese, lingua in cui è scritto l’articolo, con “women’s coital responsivity” si indica un rapporto con penetrazione.
Provo un misto di divertimento e fastidio leggere come, in uno studio sulla masturbazione femminile, si cerchi subito di ricondurre tale pratica al “coito”: come se l’obiettivo di una donna che si masturba fosse allenarsi a provare piacere con la penetrazione!
Ma non voglio essere troppo critica nei confronti di Ruth Clifford (autrice). Il suo è comunque uno studio coraggioso, visti il tempo e il contesto dell’epoca e possiamo ricavarne spunti interessanti, come la durata di una “tipica sessione di masturbazione” (che poteva variare dai 5 minuti alle 2 ore!) e le possibili strategie di masturbazione.
Cosa ci dicono i risultati? Le ragazze che hanno orgasmi più frequenti con la masturbazione sono quelle che applicano una “pressione costante” sui genitali. Vorrei sottolineare che qui Ruth ha fatto un lavoro certosino, perché ha chiesto di tutto: posizione, area di stimolazione, utilizzo di dita, contrazione dei muscoli pelvici… di tutto. Ma l’unica associazione rilevante trovata è quella con “l’applicazione costante di pressione”.
Ruth non commenta questi risultati facendo riferimento all’anatomia genitale femminile, e non sappiamo perché. Non sappiamo perché non spieghi che la maggior parte delle terminazioni nervose (quindi della sensibilità al tatto e al piacere) NON risiede nella vagina, ma nel clitoride. Non sappiamo perché non menzioni l’importanza delle radici della clitoride, che rappresentano il prolungamento di quel bottoncino in cima alla vulva che erroneamente identifichiamo con “il clitoride”, oppure dei bulbi del vestibolo, un’altra coppia di strutture fondamentali al raggiungimento del piacere. Non sappiamo perché non dica che, l’applicazione costante di pressione che le ragazze applicano sulla vulva, serve ad attivare proprio queste strutture nascoste dalle grandi labbra e dai tessuti vulvari.
Ruth Clifford si avvicinò forse più di chiunque altro, negli anni ‘70, a fornire una spiegazione scientifica su quale sia la miglior tecnica di masturbazione femminile e perché. Tuttavia, le priorità e i valori socioculturali dell’epoca l’hanno portata a trascurare questi dati. Dati che forse, ancora oggi, andrebbero meglio indagati ma soprattutto usati per migliorare la conoscenza di tutte e tutti riguardo l’anatomia del piacere sessuale femminile.
a cura di CELESTE BITTONI