Proveremo a sfatare il mito della psicologia e della terapia tramite quattro semplici domande che abbiamo posto a Gioia Gori e Chiara Castracani, fondatrici di Radici – Studio di Psicologia Relazionale.
Mentre per Gioia la passione è la coppia e le sue dinamiche, Chiara si occupa delle difficoltà in infanzia e in adolescenza utilizzando la preziosa risorsa della famiglia.
Innanzitutto perché Radici? E cosa significa psicologia relazionale?
«Radici nasce dalla consapevolezza dell’importanza delle appartenenze sullo sviluppo e la crescita della persona. Ciascuno tende a riproporre nelle proprie relazioni le modalità relazionali che conosce e ha vissuto nel contesto familiare. Relazione è la nostra parola chiave: rivolgiamo l’attenzione alle relazioni, noi siamo relazione, nelle relazioni troviamo difficoltà, in queste troviamo le soluzioni. Ed è una relazione anche quella che instauriamo con il paziente.»
Ok. Ora iniziamo con le domande…
1. “Siamo tutti un po’ psicologi”, una frase che sentiamo dire spesso. Perché rivolgersi ad uno psicologo, invece che parlare con un amico?
«Una chiacchierata, che sia con un amico o il barista di fiducia, può essere sicuramente utile perché ognuno riconosce sé stesso nel confronto con gli altri, ma il colloquio psicologico è tutta un’altra cosa: è un supporto qualificato, mirato alla comprensione profonda di se stessi e della propria sofferenza. Andare dallo psicologo non significa trovare soluzioni ma ricercare insieme gli strumenti che permettano di ritrovare il proprio personale equilibrio, ogni volta che questo si rompe.»
2. Quindi, perché una persona dovrebbe poter sentire la necessità di iniziare un percorso terapeutico?
«Potremo rispondere con una semplice domanda: perché non voler star meglio? Talvolta ci nascondiamo dietro un nostro malessere o ci lamentiamo del ripetersi di alcune situazioni, perché non voler essere padroni e responsabili di quello che ci accade?»
3. Qual è il timore più grande che riscontrate nelle persone in relazione alla terapia?
«Forse la più grande è quella del giudizio: che i propri pensieri vengano valutati stupidi o folli. È quindi utile partire da qui, parlandone col terapeuta perché questo può rappresentare un blocco anche in altri contesti, ricordando che quello terapeutico è uno spazio libero, intimo e tutelato.»
4. Come inizia un percorso terapeutico?
«Anche quella terapeutica è una relazione ed è proprio lo strumento principale del lavoro insieme; quindi è importante sentirsi a proprio agio e affidarsi alla sensazione di pancia che si prova al primo incontro. Tuttavia, per quella che noi chiamiamo alleanza terapeutica ci vuole sicuramente più di un incontro ed è questa che permette poi un vero lavoro di squadra e rappresenta il fattore predittivo per eccellenza per un buon esito della terapia.»
di GIULIA MIGLIORI
Immagine e logo di
Elisabetta Caizzi Marini
Radici – Studio di Psicologia Relazionale
Dott.ssa Gioia Gori
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Dott.ssa Chiara Castracani
338 674 7554
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