Per la musica ogni periodo è sempre stato florido, anche se con alti e bassi, ma sicuramente è qualcosa che mai verrà a mancare, qualsiasi forma essa assuma. Il nostro territorio ha sfornato nel tempo artisti di ogni genere e tra gli ultimi arrivati vi è Maria Novella Palazzeschi, in arte Novella.
Parlaci dei tuoi primi passi nel mondo musicale, come ti sei appassionata a esso?
«Da piccola guardavo spesso i musical e rimasi colpita da questi attori che ballavano e cantavano, portandomi a fare danza per otto anni; il canto invece mi ha sempre provocato forti emozioni, con conseguente timidezza nei confronti degli altri, riuscendo ad eseguirlo solamente nei momenti in cui nessuno poteva vedermi e questo ha portato ad una sorta di repressione involontaria nonostante l’attrazione naturale che provavo per esso.»
Hai provato a cambiare questa situazione?
«Il primo vero tentativo credo sia avvenuto durante il periodo della scuola elementare, quando frequentavo il coro o durante le scuole medie, quando mi iscrissi a un musical, frequentando per soli tre mesi. Direi che il vero cambiamento è avvenuto piuttosto di recente, circa due o tre anni fa, quando presi in mano la chitarra che avevo comprato e mai usato durante il liceo e iscrivendomi a dei corsi; questa scelta ha fatto esplodere in me la voglia di cantare che da sempre avevo represso, portandomi così a intraprendere dei corsi appositi, parallelamente a quelli di chitarra. Ci sono arrivata superati i vent’anni ed ero davvero stanca di potermi sfogare raramente.»
Direi comunque che per il seguito che ti sei fatta in due anni, il talento non ti manca.
«Ritengo di avere davanti ancora molta strada da fare e vorrei poter seguire tutti gli step necessari per poter arrivare, magari un giorno, a vedere tutto questo anche come una professione e non solamente come una passione. Non mi tiro mai indietro da ciò che riguarda quello che amo fare, vedi per esempio quest’intervista che ho accettato subito, perché mi sento appagata e mi fa stare bene. Io credo che le passioni non vadano mai accantonate e penso che quando si fa una scelta sul proprio percorso, si debba riflettere bene: io per esempio ne ho fatta una che si discostava dal mondo musicale a cui sono legata e tornando indietro probabilmente ci penserei con più attenzione, ma ognuno ha le sue tempistiche.»
Chi sono i tuoi artisti di riferimento?
«Come moltissime persone, nel corso della mia vita, ho ascoltato una vasta gamma di generi ed artisti, compresi gli ascolti genitoriali che comprendevano Vasco Rossi, Ligabue e la Pausini: voglio precisare che non mi ispiro a questi, ma agli appartenenti dell’ondata indie italiana come Gazzelle e Ariete, mentre per quanto riguarda gli internazionali, vorrei menzionare i Keane e gli Oasis.»
Di cosa parli nei tuoi testi?
«Principalmente dell’amore e scendendo più nello specifico, riguardano una storia finita dopo anni che, come spesso succede, finisce in maniera un po’ traumatica, specialmente per me che sono piuttosto sensibile: scrivo i miei brani alimentata dalle esperienze negative e dalla malinconia che esse mi provocano. Immagino sia una questione di carattere, ma sono fatta così e a testimonianza di ciò, posso dire che la mia tesi universitaria riguardava l’angoscia esistenziale. Il pezzo più recente che sto scrivendo invece parla di attualità, della mia generazione e di come vedo questo momento storico, ma sempre con un filtro malinconico. Sono una leopardiana!»
In questo momento stai producendo?
«Dopo i due singoli già usciti, Parodia della normalità e Fuori di testa, assieme ad Arezzo Che Spacca, abbiamo iniziato da poco a produrre due dei miei vari pezzi inediti non ancora registrati, quindi direi che ho ancora molto materiale da sviluppare, sia completo che non. Ci sono volte in cui magari scrivi una canzone in cinque minuti, mentre altre in cui ci vogliono i mesi per arrivare al risultato sperato e comunque deve sempre nascere tutto in maniera spontanea e mai forzata. Aggiungo anche che mi piacerebbe molto fare qualcosa in spagnolo in futuro.»
Adesso com’è il rapporto con il pubblico rispetto al passato?
«Le prime volte provavo imbarazzo, ma credo sia una cosa normale all’inizio e adesso riesco a rompere il muro molto più facilmente. Per farlo, utilizzo la psicologia inversa su me stessa cercando di normalizzare la differenza che percepisco tra me che mi esibisco e il pubblico che mi osserva.
Oltre che a livello artistico, per me questo è un passo personale davvero importante e sono davvero felice dei progressi che sto facendo.»
di LORENZO STIATTI
Credits Michele crescenzo e Carla Marsol Gavín
IG: @novella________