Si parla spesso, volentieri e a sproposito della fantomatica fiamma che alimenta la musica, mantenendola veicolo emozionale potentissimo e senza tempo. Raramente, però, si riesce a toccare davvero con mano quell’energia primordiale ed indissolubile, pur vivendo a stretto contatto quotidiano con le più disparate anime che gravitano nel musicosmo. Un privilegio per me, per Weare e per chi legge, quindi, incontrare, leggere e poi giocoforza ascoltare i Flame Parade, che quella fiamma la portano tanto fieramente nel nome quanto puramente e tangibilmente nella parte più profonda della loro interiorità, quel magico pozzo da cui ogni artista, che sulla fiamma più o meno quotidianamente soffia, attinge. Nati dall’incontro di veri devoti alle note lungo i punti cardinali delle mappe dei musicisti in Valdarno, per l’intervista mi propongono appuntamenti in luoghi intrisi di musica, a testimonianza della fiamma presente e vivida di cui sopra. Il perché dall’iniziale idea dell’emporio musicale Brahms, luogo di lavoro del frontman Marco e approdo sacro per chiunque impugni uno strumento, si sia finiti al Beta Bar, attivissimo palco di riferimento per la zona, è intuibile e presto detto: il richiamo del bicchierino sciogli-lingua non può essere ignorato! Annaffiati a dovere, approfondiamo dunque il mondo musicale dei Flame Parade, con l’attuale formazione composta da Marco (voce e chitarra), Letizia (violino e synth), Francesco (Chitarra), Mattia (basso) e Damien (batteria).
Risulta evidente come la musica pervada la vostra intera vita: superfluo dunque chiedervi perché siate nati, resta da scoprire come…
«Ad accomunarci è una passione viscerale, tutti i membri di questa band vengono da una storia già esistente in altri progetti musicali, Letizia addirittura insegna musica. Nel 2012, chiacchieravamo spesso di amore per la folk music in tutte le sue declinazioni… Una di queste chiacchierate è sfociata in una specie di jam session notturna in un campo sperduto tra le colline qua intorno, così abbiamo realmente cominciato a fare musica insieme, non più solo a parlarne. Mattia, poi, lavorando nella storica etichetta new wave Materiali Sonori, è riuscito ad avere a disposizione un casolare valdarnese in disuso: niente riscaldamenti, cataste di vinili, boschi tutt’intorno senza alcun bisogno di insonorizzare… Quale miglior luogo per una sala prove disponibile anche di notte? La location ha poi evidentemente funzionato come ambiente di sviluppo, visto che ancora riusciamo a portare avanti il nostro obiettivo fondamentale: continuare a produrre canzoni, da suonare poi il più possibile dal vivo.»
Che il folk sia stato collante iniziale si sentiva forte e chiaro fino all’altro ieri nella vostra musica, ma con l’ultimo album (“Cannibal Dreams”, uscito nel 2023) c’è stata una virata davvero netta: inserimento di sonorità elettroniche, riverberi, stratificazioni sonore, atmosfere meno definite… In generale, si tratta di musica più sospesa, meno terrena. Quale vento vi ha spinto verso questo “innalzamento”? Si è trattato di una ricerca consapevole o la musica è fuoriuscita così, di getto?
«Lo definiremmo un processo inconsciamente consapevole. Con la scelta di Matilde Davoli come produttrice, sapevamo già che avremmo preso direzioni inesplorate; concordi nel tentarle in questo momento della nostra evoluzione fuori dalla comfort zone come persone e, conseguentemente, come musicisti. Volevamo poi anche far rivivere con nuova veste alcuni elementi del precedente “Cosmic Gathering”, che, causa pandemia sopraggiunta poco dopo l’uscita, non avevamo avuto modo di far vivere e risuonare in giro come ci piace. Partendo proprio da sperimentazioni e rielaborazioni su pezzi di quell’album meno folk e con più presenza di synth e affini, è nato l’orientamento musicale dell’ultimo lavoro, che ci ha schiuso un nuovo mondo. Meno “suonato” e tirato, ma con più possibilità narrative. La nuova produttrice ci ha poi rivelato, a posteriori, che ha volutamente stravolto il primo pezzo finito che ci ha mandato in ascolto, convinta quasi di mettere a repentaglio la collaborazione, ma per testare la fattibilità di questo matrimonio artistico… Una terapia d’urto andata decisamente a buon fine, l’abbiamo seguita senza più voltarci indietro! In fondo l’unico nostro focus è fare musica divertendoci mentre creiamo, consapevoli che la musica si muove e plasma insieme a noi… L’importante, pur spaziando, è cercare di mantenere qualità in ciò che si suona.»
Sogni tra cassetti, palchi e irrealtà lasciamoli stare, ché tanto vogliamo tutti suonare allo Sziget o a Glastonbury nell’arco di un anno… Parliamo invece di prossimi passi concreti già impostati: cosa bolle in pentola?
«Live, live, live. Tour invernale in partenza con, fortunatamente, diverse date già impostate… E stiamo tentando di portarlo anche all’estero, come un po’ la svolta musicale richiede. L’abbiamo detto, quello che vogliamo fare è fondamentalmente suonare. Ci vedrete e sentirete presto, insomma… Magari anche ad Arezzo!»
di ALESSIO FRANCI
Contatti
FB: Flame Parade
IG: flame.parade
Mail: info@flameparade.com
Credits: Caterina Gaggi
Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.