Torniamo a parlare della scena musicale cittadina con A Pezzi, una band quasi decennale che, come molte altre, si è ritrovata incastrata nella problematica situazione attuale proprio durante l’uscita della sua ultima fatica.
Partiamo innanzitutto delle vostre origini. Come e quando si è formata la band?
«Il progetto A Pezzi esiste dal 2012, ma l’unico componente rimasto della formazione originale è il chitarrista e cantante Enrico Zoi. A fine 2017, con l’arrivo di Nunzio Di Maria al basso e Giacomo Mariani alla batteria, possiamo dire che la band ha trovato il suo perfetto equilibrio artistico ed umano.»
Per quanto riguarda il self titled del 2013 e “Soli” del 2017 cosa potete dirci?
«Attualmente, nei nostri live, portiamo ancora tre o quattro pezzi dei vecchi dischi, tra cui “Unghie”, “Orizzonte Degli Eventi” e “La Migliore Solitudine”; un aneddoto particolare riguarda “Minerale”, un brano che abbiamo lentamente boicottato perchè, di prova in prova e nonostante il nostro impegno, incredibilmente, usciva fuori sempre peggio fino a che non si è autodistrutto. A parte scherzi, il primo disco è stato il battesimo della band come tale, ma è una produzione molto remota ed acerba che resta nel cassetto. Il secondo album è un’opera di transazione: già diversi membri erano cambiati e c’era la volontà di fare qualcosa di totalmente libero ed autoprodotto, difatti il risultato è piuttosto grezzo ed oscuro.»
“Ora/Mai”, uscito a fine 2019, è il primo disco a cui voi tre avete lavorato assieme. In cosa differisce dai passati?
«Il nostro ultimo album, rispetto ai precedenti, è molto meno statico, sia sul piano emozionale che su quello strumentale. La varietà di quegli otto brani permette all’ascoltatore di riuscire a trovarne almeno uno in cui rispecchiarsi, mantenendo comunque un filo conduttore.
Questa diversità si riscontra anche in ambito grafico, difatti la copertina di “Ora/Mai” presenta un teschio che rimanda allo stile di A Pezzi, mentre l’utilizzo del giallo acceso, lo discosta fortemente dalla desaturazione e dall’ombrosità dei precedenti lavori.»
Qual’è stato il motivo dietro alla scelta di fare un album così diversificato, piuttosto che uno più legato e lineare?
«È venuto spontaneamente, senza nulla di organizzato. Pensandoci, è un pò la concezione odierna del fare musica, perchè adesso si va in sala per lavorare sul pezzo singolo e non su un eventuale disco; questa tendenza la possiamo notare per esempio su una piattaforma come Spotify, in cui gli autori pubblicano principalmente singoli. Non ci piace lavorare su dei binari prestabiliti, poichè spesso non portano a nulla e anzi, complicano ancora di più le fasi di scrittura.»
Vi ispirate a qualcosa in particolare durante la lavorazione?
«Puoi avere in mente una certa idea, una certa direzione da prendere con il sound, ma ci siamo anche accorti che in sala non parliamo mai di altri artisti o possibili influenze da seguire e ci concentriamo solo sulle nostre idee e sui nostri istinti. Proveniamo tutti da esperienze e ambienti musicali differenti e sicuramente abbiamo delle influenze in testa durante la lavorazione dei pezzi, ma si amalgano così spontaneamente che nemmeno ci facciamo caso. È sempre bello parlare di musica, ma in certi casi è bello anche non parlarne.»
Quali temi affrontate nei vostri testi?
«Ciò che scriviamo è puramente introspettivo. Già con il titolo dell’ultimo disco si può percepire una sospensione che avviente tra le due parole, una dualità che poi riecheggia in tutti i brani. Le nostre sono principalmente riflessioni ed impressioni sul tempo e sulle distanze. Lo stampo di astrazione generale nei testi permane come nei vecchi album, ma stavolta vi si può identificare un io, una persona, che prima era completamente assente e che adesso compie effettivamente delle azioni; questa concretezza non ha penalizzato, anzi, permette all’ascoltarore di immedesimarsi meglio nei brani anche se non troppo direttamente. L’aggiunta di un soggetto è anche un modo per l’artista di mettere la faccia in quello che dice o fa e questa tensione la vogliamo portare ed integrare ancora di più nei prossimi lavori.»
Siete già al lavoro su nuovi pezzi?
«Abbiamo iniziato la stesura di nuovo materiale che più o meno seguirà la scia del nostro ultimo disco, ma sarà più diretto e più rivolto alla melodia.»
di LORENZO STIATTI
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