Sulla scia delle celebrazioni vasariane, la città di Arezzo si prepara ad omaggiare un altro dei suoi figli più illustri: Massimo Baragli, artista poliedrico che fu protagonista indiscusso della stagione di massimo splendore dell’oreficeria e dell’artigianato artistico aretini ma che, a differenza del grande predecessore rinascimentale, rischia di non essere degnamente ricordato dai suoi stessi concittadini. Con il fine di dare nuovamente voce ad un grande ingegno che ha sempre scelto di vivere nella sua terra, ma le cui opere sono apprezzate ed esposte dalle istituzioni museali più autorevoli del mondo, Simposio di Ipparchia curerà una mostra ad esso dedicata; la Personale Baragli verrà inaugurata sabato 19 aprile presso la Galleria Ricasoli del Palazzo della Provincia alla presenza dello stesso artista e rimarrà aperta al pubblico per tre settimane. La chiusura è prevista per domenica 11 maggio.
Ciò che renderà unico questo evento dall’elevata caratura è la narrazione di quasi sessant’anni di una sontuosa attività artistica che ha raggiunto l’eccellenza in qualsiasi forma essa si sia manifestata. Massimo Baragli nasce settantasei anni fa a Sansepolcro, in una famiglia in cui tutti coltivano la passione per l’arte. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze e da studente, appena ventunenne, riceve un primo importante riconoscimento nazionale grazie alla realizzazione di un altare in legno con pannelli di scene sacre sbalzate e cesellate, con al centro una rappresentazione dell’Ultima Cena incisa ad acquaforte e smaltata a gran fuoco. Per questa opera riceverà gli encomi di Sua Santità Paolo VI e dell’allora patriarca di Venezia Cardinale Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I.
In seguito il suo nome viene associato sempre di più alle arti scultoree, dello sbalzo e della cesellatura, soprattutto in ambito orafo. Le committenze arrivano da tutto il mondo, si specializza nella produzione di collezioni ispirate all’arte etrusca di V/IV sec. a.C., una delle quali è tutt’ora esposta al Metropolitan Museum di New York. Non abbandonerà mai la produzione di arte sacra, della quale molte chiese in territorio nazionale possono vantare un prezioso pezzo. Da qualche anno Massimo Baragli ha scelto una dimensione più intima dedicandosi alla pittura.
Il Maestro ci dice confidenzialmente che unico suo rimpianto, attualmente, è quello di non essere ancora riuscito ad avviare un progetto didattico di trasmissione del suo sapere e della sua tecnica a giovani futuri professionisti di questa arte che sembra vacillare sotto i ritmi e i vantaggi economici della produzione seriale. E allora che la mostra di Galleria Ricasoli, da atto reverenziale ad un grande aretino, si faccia anche punto di riferimento e ispirazione per le nuove generazioni.
di GABRIELE MARCO LIBERATORI
FB: Massimo Baragli

Laureando in lettere antiche, chitarrista dall’animo rétro, cultore di teatro e storia dell’arte. Ritengo che la conoscenza dell’espressione e del pensiero umani sia l’unica chiave per elevare il nostro spirito.. Il mio motto è “E l’omo vive”, perché non c’è buona speculazione intellettuale senza un calice di rosso e un piatto di leccornie regionali.