Passeggiare senza dimenticarsi di possedere una visione periferica amplifica la percezione. Nello svolgere questo salvifico esercizio in contesti urbani, è di estremo aiuto essere dotati di canide dalla zampa lunga: perso il conto di passi su passi mattutini e notturni, lo sguardo penetra i tessuti della città e ne estrae l’essenza. Tra le trame cementate della nostra Arezzo, emerge ormai da tempo e con forza la street art su stencil di Alex Laben che, con tratto dall’estetica magnetica e inconfondibile, condensa tematiche sociali, riflessioni e diritti civili in uno spazio di centimetri quadrati. Artista dall’occhio sociale affilato e al tempo stesso carezzevole per pupille e cuori di buonsenso e sensibilità dotati, ti fa letteralmente inchiodare e piantare sul marciapiede, come un’ancora attaccata tramite guinzaglio alla povera canide che ignara veleggia(va), ad ammirare la bellezza forte e la complessità dei dettagli da divorare con gli occhi. Con un sentore sempre più forte, occhiata dopo occhiata, che man mano che digerisci il senso di ciò che stai osservando torna a farsi sentire familiare, caldo, tendente al bruciore. Si chiama profondità di pensiero, si chiama empatia. Ah, il potere dell’arte… Ti chiedi e richiedi come e perché possa un così valente street artist aver scelto proprio Arezzo come ricorrente teatro, poi l’illuminazione. A volte basta chiedere al diretto interessato con un po’ di faccia tosta, no? Ed è così che scopri che uno dei tuoi artisti preferiti è figlio della tua stessa terra… Dalla scoperta di concittadinanza alla chiacchierata a ruota libera tra schiume luppolate e queste pagine, il passo è così breve da far sembrare tutto un unico, stupendo movimento. Ah, il potere dell’arte, si diceva…
“Nasco ed abito nella provincia aretina, ma mi muovo molto. Prevalentemente tra Firenze e Livorno, ma un po’ ovunque si creino le condizioni per piazzare in giro la mia arte! Senza troppa pianificazione o metodicità, però. Certo, il mio lavoro richiede un pensiero strutturato, ma nasce da un’idea che è illuminazione, che arriva all’improvviso e nei momenti più impensabili. Io, ad esempio, nel tempo ho notato che l’ispirazione mi veniva sempre di primissima mattina, ad occhi appena aperti, in quel momento in cui sei steso immobile nel letto apparentemente vegetale.
Sono arrivato al punto di mettere la sveglia 20 min in anticipo rispetto al necessario, cercando di ritagliare e incanalare questo mio vitale momento creativo in cui la testa viaggia… Per quanto si possa incanalare una scintilla che può essere accesa da qualsiasi tema o situazione vista o vissuta, arrivi a toccare nel profondo, quindi in ogni momento!”
Parlando delle tematiche che ti accendono l’ispirazione e definiscono le tue opere, traspare una tua grande attenzione al sociale e al dare voce a ciò che è scomodo e pubblicamente viene sottaciuto.
«Solitudine Contemporanea nasce a cena in un ristorante. Ero a tavola con un mio amico, al tavolo accanto c’era una famiglia con mamma, babbo e bambino di 7-8 anni. Questo bambino, per tutto l’arco della cena, non ha letteralmente alzato gli occhi dal telefono. Non ha mangiato, non ha aperto bocca… Imbalsamato. Il titolo Solitudine Contemporanea mi è venuto in mente prima dell’opera stessa, come amara considerazione; quel bambino mi ha aperto gli occhi e, guardando meglio si vede che siamo tutti isolati, ipnotizzati collettivamente dai nostri schermi. Mi capita spesso che un’opera nasca da una frase che mi balena in mente: un altro esempio è l’opera dei 2 barbuti che si baciano, intitolata per l’appunto Love is in the Hair, con H tutt’altro che errata o casuale!
Sono comunque tutte opere che, a prescindere dalla singola genesi, toccano argomenti che mi colpiscono la sensibilità e che voglio evidenziare graficamente il più possibile, con messaggi che arrivino chiari e attaccati ovunque, nel mezzo delle persone, che sono sempre più bisognose di tornare ad ampliare vista e vedute. La creatività fatica sempre più a farsi spazio nella quotidianità, ma è la parte vera della vita. È evasione, respiro in un mondo che ne sta togliendo giorno dopo giorno. L’arte deve per me quindi innanzitutto far stare bene nell’attimo in cui figurativamente colpisce, anche mentre fa riflettere. Partire da un focus estetico per poi arrivare ad altri livelli di pensiero. Il soggetto per me è centrale, sono sempre affascinato dai volti delle persone ad esempio. Quasi mai realizzo qualcosa senza partire da un soggetto che si è per qualche motivo ben fissato nella mia testa.»
In effetti, le tue opere “parlano” quasi sempre di temi profondamente umani… Come potresti esulare dal soggetto?
«Il mio imprinting è profondamente pop-art, traggo godimento dal far guardare con attenzione elementi e situazioni che di solito la gente è abituata semplicemente a vedere, magari anche frequentemente, ma solo a vedere. Nel farlo, adoro toccare tasti che danno fastidio in modo che dia fastidio, senza pretese ma libero. In fondo, il bello della street art è che per mettere in pratica la propria idea bastano cose da dire e palle per scendere in strada a dirle. Per quanto io non mi senta propriamente uno street artist, sono un artista che ama andare in strada perché lì ha trovato il proprio spazio espressivo ideale, ma non escludo o disdegno a priori altri contesti. Ne è un esempio lampante, per citare l’unica fatta ad Arezzo, la mostra di Novembre 2022 alla palestra Four Fitness. Nata dall’idea della proprietaria di fare una mostra artistica in palestra, dopo un primo sopralluogo in cui spazi ed illuminazione mi avevano ispirato e un anno di preparazione, mi sono tuffato in questa idea hard e ne è venuto fuori un corto circuito bellissimo. È stato fantastico trovarmi così fuori contesto in un certo senso, con la sfida di far passare certe immagini in contesti in cui stridono più che in altri. Il successo in termini di riscontri e affluenza mi ha dato ragione sulla buona riuscita, sul buono che può venire dal non precludersi possibilità.»
Le strade, con gli occhi ben aperti ed orientati, sono gallerie d’arte a cielo aperto accessibili per tutti, gratis e h24, scosse alla coscienza che forse neanche ci meriteremmo ma di cui certamente abbiamo un gran bisogno. Basta alzare lo sguardo da piedi, smartphone e pensieri, seguendo gli squarci di bellezza e contenuto disseminati dagli artisti come il nostro Alex Laben. Le vertebre del collo non saranno più tanto abituate al movimento, ma si sgranchiranno rapidamente: vista e anima le traineranno, rinfrancate e grate per un inatteso ritorno alla percezione delle vibrazioni degli altri esseri umani, con una sonora risata che si leverà in sottofondo quando si renderanno conto di essere riuscite a farlo davanti ad un muro.
Ah, il potere dell’arte…
di ALESSIO FRANCI
IG: @alexlaben
Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.