Pensare troppo è una cosa che va molto di moda negli ultimi anni come i social e la vodka per idratarsi le pupille. Anni fa avevo un profilo MySpace, poi è stata la volta di MSN, FB, Twitter e Instagram.
Nell’epoca delle gratificazioni istantanee, farsi beccare a fare il social-stalking significa… ehm non mi nascondo mica dietro un dito! Basta un dito che scivola e ti ritrovi a mettere like a una foto di 199 settimane fa della nuova ragazza del tuo ex, o anche peggio. Parte tutto come un gioco innocente e ore dopo ti ritrovi a riemergere da uno sballo di stalking sui social. Fuori è buio e non sai nemmeno che anno è.
Eccoci… si è fatto il 30 dicembre e, come ogni anno, la depressione capodannesca è alle porte. Come sappiamo bene tutti noi, che siamo rimasti psicologicamente fermi alla quarta elementare, l’inizio dell’anno non coincide proprio con le nostre aspettative. Sarà colpa di Facebook e dei suoi filmati riassuntivi… “ma ancora esistono?”
Vi tranquillizzo subito dicendovi che anche quest’anno non ho trovato il senso della mia esistenza, non ho capito cosa voglio fare da grande e non ho maturato rosee prospettive sul mio futuro, perciò sarò parecchio indaffarata. Eppure nell’imminenza mi è venuta una stravagante voglia di leggermi le mille e una notte del famigerato brigante aretino.
C’era una volta lo Gnicche, il Robin Hood di San Fabiano, lo Zorro della Valdichiana, il nostro Far West post risorgimento. Un brigante Made in Arretium. Ribelle, fuorilegge e dongiovanni. Un must della cultura pop locale.
“Siete bella come la luna stasera. Illuminate tutto il Prato di Arezzo” disse alla bella dunnina sfuggendo dalle grinfie delle guardie. Si dice: rubare il talento; rubare il segreto del lavoro; ruba- re i baci; rubare i sogni; rubare con gli occhi… Rubare è segreto. Era cosiddetto un ladro gentiluomo. Ha rubato nella sua vita gioielli (e mica da 30 mila lire!) qui si parla di furti di Serie A, dello Stadio Mancini e delle maglie arancio-nere, roba da quarti di finale.
Gli amici lo avevano avvisato mai fidarsi delle donne d’Arezzo. Paiono angeli ma son sirene. Ti innamorano, ti incantano, ma non ne scappi vivo. Libertà, indipendenza e la ricchezza di chi riesce a stare bene da solo; Gnicche era un furfante viziato, senza voglia di lavorare, amante del- l’osteria, del gioco e delle carte e come ogni aretino era un Gian Burrasca per antonomasia, scanzonato,
impertinente e con l’irriverenza tipicamente toscana.
E siccome a noi aretini niente ci riesce meglio del peggio riuscì a farsi beccare con le mani sacco.
La sciagurata vita di Federigo Bobini finì, ma Gnicche fu subito leggenda.
Intanto, mi accingo ad affrontare con il consueto grande entusiasmo che mi contraddistingue i festeggiamenti di San Silvestro, forte di una solida certezza: non credere nelle leggende è un po’ come smettere di credere in Babbo Natale: in fondo l’avevi sempre saputo, ma quando te lo dicono un po’ ti dispiace.
di VERONICA VALDAMBRINI
Stylist, Graphic Designer e Fashion Writer. Fin da quando ne ho ricordo, sono sempre stata attratta da situazioni, stili e differenti tipi di bellezza. Continuamente alla ricerca del nuovo ed alla riscoperta del vecchio, si affiancano a musica Jazz, Portrait Fotografici e cultura giapponese, piaceri e fonti di ispirazione per il mio lavoro e stile di vita.