Come hai iniziato?
Un mio zio era fissato con il lotto, mi dava dei soldi che giocavo per lui. Dato che perdeva sempre, decisi di usarli per comprarmi una chitarra. Avevo 12 anni. Ho iniziato e proseguito da autodidatta, frequentando altri musicisti. Ci sono stati poi gli ascolti, i cantautori, la West Coast e il prog, il jazz. Negli anni ‘90 grazie a Roberto Bianchi del negozio Vieri Dischi, mi sono immerso nell’indie. Mi ha spronato a soluzioni meno sterili, come musicista, in quel periodo di massima creatività.
Come nasce il progetto dei Sycamore Age?
Mentre sto lavorando con Andrea Chimenti, Francesco, timidamente, mi passa il suo demo. Lo ascolto, e vengo folgorato dalla potenza comunicativa della sua voce. Lo vado a sentire dal vivo: ha una doppia personalità, tormentata e angelica insieme. Lo chiamo subito, ci mettiamo a scrivere, i pezzi vengono praticamente da soli. Lui lavora con Davide Andreoni, che si unisce, poi arrivano gli altri. Ecco il primo album, venuto fuori così, spontaneamente.
Quali concerti ti ricordi di più?
I concerti sono tutti entusiasmanti, sono sempre feste. Abbiamo fatto delle date bellissime con gli Akron Family, in diretta alla Rai o l’apertura alle Luci della Centrale Elettrica e un’infinità di festival e locali; per ognuna di queste serate ci sarebbe molto da raccontare…
Come descriveresti la musica che create?
In generale evitiamo di assomigliare ad altri. Lo so benissimo che oggi è improbabile creare qualcosa di nuovo, ma sto attento a non cadere troppo su una linea. La cosa importante è la trasversalità, cercare di coniugare cose diametralmente opposte.
Parlaci del progetto Ant Lion, come è nato?
In un concerto dei Sycamore Age conosco una ragazza venuta a vederci, si chiama Isobel. La ritrovo su Facebook, dove mi scrive e mi manda un video-clip. E’ molto brava. In breve mettiamo in piedi un gruppo, insieme a Simone Lanari (chitarrista) e Alberto Tirabosco (batteria). Abbiamo già prodotto un disco e stiamo facendo diversi concerti in tutta Italia. A volte fa tutto il destino, basta tenere le antenne dritte e cogliere al volo quel che ti passa attorno.
Confrontarsi con un mercato è un bene o una limitazione?
L’importante è essere intellettualmente onesto. Non scrivo mai per vendere un milione di copie, che poi magari neanche mi riesce. Faccio la mia musica, se poi faccio innamorare anche solo una persona, va bene. Ho un progetto in cantiere, un po’ provocatorio, un disco di hit potenziali, non certo banali, ospitando cantanti diversi, tutti presi dal panorama indie. E’ pensato un po’ per far credere che stiamo sognando di vendere, ma soprattutto, come al solito, sarà un gioco. Come è giusto che sia…
Quando mi congedo da Stefano mi lascia un suo vinile, uscito nel 2007. Credo ci tenga tantissimo e non ha torto. Penso che nella vita si debba scendere a compromessi, a volte, ma mai si dovrebbe tradire quel che si pensa e quel che si è.
Di Luca Innocenti
REDAZIONE
Preparata, attenta, fuori dagli schemi e con una gran voglia di raccontare la nostra città; la Redazione e i suoi articoli su Arezzo, in perfetto stile WEARE…